venerdì 22 settembre 2017

Il buio oltre il kebab




PARTECIPANTI: Luca, Clara, Ax e Vero
PERIODO: dall'11 al 26 Agosto 2017
MEZZO DI TRASPORTO: Ryanair dei poveri e treni presi a caso
BUDGET: 370 euro spesi a persona (compreso noleggio kayak) + 50 euro di volo a testa

Quella sera eravamo troppo ubriachi per poter prendere decisioni importanti, invece siamo riusciti a scegliere la nostra vacanza estiva. Così, tra un chupito e l'altro, tra giri di birre infinite e soldi che svanivano, abbiamo pensato che delle persone idiote come noi avessero il coraggio di conquistare la Polonia, e attraversare un fiume in kayak, non avendo la minima idea di cosa fosse un kayak.

Purtroppo la sbronza è durata per mesi così come l'eccitazione di Ax e Luca per quest' impresa impossibile.
Non avrei mai dovuto dar retta a questo coinvolgimento emotivo che mi ha portata a prenotare i biglietti aerei a Gennaio, a cinquanta euro l'uno.

Luca, Ax, Vero ed io. Questo il fantastico gruppo che avrebbe dovuto organizzarsi da Gennaio ad Agosto. Invece fino ai primi di Agosto non avevamo scelto nemmeno il fiume da attraversare. Forse è iniziato tutto così..

10 AGOSTO

La sveglia suona troppo presto, non sembra reale. Ieri sera siamo andati a letto alle tre sapendo che avremmo dovuto svegliarci alle sei, quindi non può essere già passato così fretta il tempo. Apro gli occhi e vedo quello che nemmeno il mio peggior nemico dovrebbe mai vedere appena sveglio: il viso di Luca inzuppato di sudore che mi alita in faccia urlando che è tardi. Alle sei del mattino.

Mi fiondo sugli zaini per sistemare le ultime cose, dato che abbiamo preparato i bagagli solo ieri sera, stanno per scoppiare, c'è di tutto lì dentro.. spero solo che non ci siano oggetti vietati perché abbiamo dovuto rinunciare alla camping gaz sperando di comprarla una volta arrivati a Danzica.
Questo uno dei pochi piani della vacanza. Durante le nostre riunioni per organizzare, abbiamo stabilito queste efficienti e rassicuranti decisioni: appena arriviamo a Danzica ci fumiamo una sigaretta e poi seguiamo il vento.



Il fiume previsto è il fiume Drawa, 180 km di itinerario tra paludi, boschi, laghi, Natura selvaggia e addirittura il campo militare più grande d'Europa, a circa 300km da dove atterreremo. Ax e Luca sono estasiati da questo azzardo, Vero ed io abbiamo altre preoccupazioni: dove potremo lavarci? Cosa mangeremo? Dove dormiremo? Sopravviveremo? Come faremo a farci la ceretta?

I dubbi continuano in macchina del papà di Ax, che ci accompagna ad Orio, mentre decide di provare la guida inglese spostandosi a sinistra e facendo aumentare l'ansia a tutti.

Sappiamo che la Polonia è economica perché la birra costa poco, dunque ci siamo portati 300 euro a testa, e altri 50 di riserva.

Giunti in aeroporto, facciamo i controlli per arrivare al gate. C'è qualcosa che non va però.. una poliziotta ferma Luca facendogli aprire la sacca. "Lo scotch americano è vietato, potreste obbligare qualcuno a fare qualcosa con quest'arma!".
Questa la spiegazione più che logica e assolutamente pericolosa della guardia, che sequestra la nostra ipotetica fonte di salvezza in caso i kayak si fossero frantumati. Ax le augura un buon lavoretto di decoupage col suo nuovo scotch americano e con l'amaro in bocca raggiungiamo il gate.



Dato che col cazzo che pago per assicurarmi un posto sull'aereo, Ryanair pensa bene di metterci tutti e quattro in posizioni totalmente stronze, dove ognuno è vicino a gente a caso. Io mi ritrovo a nove file dietro i miei amici, ma questo non è un problema dato che mi sta facendo compagnia una coppia di gay sardi, dove entrambi fanno la parte della donna isterica. A destra invece, una cinese molto curiosa che fotografa persino il giornaletto del cazzo di Ryanair e compra una trentina di gratta e vinci.



L'atterraggio molesto ci fa un po' cagare addosso, ma appena presa la prima boccata d'aria polacca, ci caghiamo addosso veramente. Il vento penetra freddo nella pelle e il nostro corpo cambia di temperatura all'istante, tranne Luca, che ha viaggiato col costume da bagno e le crooks e non ha freddo.

Prima ancora di prendere i bagagli, cambiamo i nostri 300 euro. Siamo dubbiosi sulla valuta, su Internet ci siamo informati sul cambio, vale a dire un euro per quattro zloti, ma in aeroporto ci danno tre zloti per un euro. Ci convinciamo, da ottimi ignoranti, che probabilmente in due giorni, la valuta è scesa di un punto.

Allora. L'unica cosa che sappiamo è che dobbiamo correre in stazione a Danzica per prendere il treno diretto a Czaplinek [ciaplinek], a circa 250 km da qui. La partenza è prevista per le quattro, quindi decidiamo di prendercela con calma, avendo tre ore a disposizione.
Siamo affamati, dunque cambiamo i nostri piani appena Ax annuncia la specialità culinaria di ogni stazione mondiale: il kebab.
Appena giunti in stazione, un complesso molto rigoroso dal punto di vista estetico e ben attrezzato, ci accoglie in questa piccola città che faceva parte della lega anseatica.
Troviamo il kekab, ma mai ci saremmo aspettati di ricevere una quantità infinita di panino che avrebbe potuto riempire il nostro stomaco per quattro pasti. Nonostante questo ci ingozziamo, e ci rilassiamo mentre il tempo scorre.
Nessuno dei quattro si rende conto sul serio che il tempo scorre così veloce, ma nessuno di noi si è ancora ripreso dai tre chili di kebab. Dunque pausa della pausa.










Durante questo relax qualcuno si accorge che sono le tre e mezza e dobbiamo sbrigarci per fare la spesa, trovare la camping gaz e comprare i biglietti.
Zaini alle spalle e ci infiltriamo tra sguardi schifati di polacchi che ci prendono per drogati e non hanno la minima intenzione di darci informazioni. Troviamo un russo in bicicletta a cui chiediamo indicazioni per un negozio sportivo. Il simpatico e schizofrenico Vladimir, ci accompagna a passo spedito in un negozio a caso, poi cambia idea e si fa seguire dalla parte opposta. Fatichiamo a stargli dietro, non siamo preparati per una gara atletica, ma prima di riprendere a respirare normalmente, il russo ci saluta facendoci capire che ora sono cazzi nostri. Sono già le 15.45, allora ci dividiamo. Vero ed io facciamo la spesa, raccomandate dai due uomini a prendere "birre di bestia", mentre i due cercano una camping gaz. Luca ed Ax falliscono, mentre Vero ed io compriamo più birre che cibo.
Manca poco alle quattro, cinque minuti forse, perciò riprendiamo la corsa e ci volatizziamo sui binari con l'intento di prendere i biglietti direttamente sul treno.
Il nostro treno, però, sta per partire e riusciamo ad intralciare la capotreno. Donna tutta d'un pezzo, vestita come fosse un'hostess, infighettata fino alla punte dei capelli, truccata come una circense. Ci vede arrivare ed accenna un principio di vomito, sempre con classe. Gesticoliamo in preda al panico, ma la risposta che riceviamo è "No beers", e una chiusure delle porte in fretta e furia. Del nostro intercity non rimane traccia, solo il vento che solleva la nostra puzza di ascelle.
Il prossimo è domani. Tutto per colpa di un kebab.
Ora cosa facciamo? Innanzitutto fumiamo una sigaretta e ci scoliamo una birra, poi possiamo prendere decisioni.

Probabilmente l'idea di rimanere a Danzica quella notte non ci attira, è meglio cercare coincidenze di treni ed arrivare stasera, come previsto.
Spulciamo siti Internet, perché la coda è troppa lunga. Proprio mentre scopriamo esserci un treno che giunge a metà percorso, realizziamo che la scoperta avviene nell'istante in cui il treno è appena partito.
Non ci sono speranze per noi, siamo troppo sfigati.
Saliamo sui binari, senza biglietti e senza vergogna, muniti di birre e tanta pena per chi ci osserva e si allontana stupito.
Prendiamo un treno a caso che, secondo i nostri calcoli, ci avrebbe portati ad una serie infinita di coincidenze ferroviarie, con tempo solo due minuti al massimo.
Parte così la maratona e il labirinto di mezzi pubblici creato dallo stato Polacco, dove non si capisce una ceppa di minchia.



Occupiamo il vagone per le bici, dove ci fanno compagnia altri civili spaventati dai nostri modi rozzi e barbari.
Sembriamo sopravvissuti alla savana, facciamo schifo, puzziamo e sudiamo birre, che ci stiamo scolando senza ritegno.
Cambiamo vari treni, con tempo solo due minuti in cui riusciamo a fumarci sempre una sigaretta.
Giungiamo in una stazione sperduta, dove non c'è vita, solo un omone grande e grosso che non parla inglese. Tentiamo un approccio per sapere se siamo ancora in Polonia almeno, ma l'uomo continua a parlarci in polacco. Chissà che cazzo sta dicendo, forse sta recitando l'Amleto di Shakespeare o forse ci sta solo prendendo per il culo. Dopo tre quarti d'ora riusciamo a fargli capire dove saremmo dovuti andare, al ché, il galeotto polacco prende l'iniziativa di obbligarci a fare i biglietti. Scorta Luca ed Ax alla biglietteria, e mentre i due discutono sul prezzo dei biglietti e se farli o meno, il polacco sfila i soldi di mano ad Ax e li consegna alla biglietteria.
Dopodiché raggiungono Vero e me, mentre l'uomo continua a recitare opere letterarie di alto contenuto filosofico. Sappiamo solo sorridere alle sue parole, ma il fatto di aver perso più di 200 zloti non ci rende per niente felici.

Arrivato il treno, ci accompagna perfino alle porte. Gli offriamo una birra in segno di gratitudine, ma lui "NO BEER. VODKA", mentre si massaggia la panza pelosa e tenta un sorriso.
A quest'ora saremmo già dovuti essere a Czaplinek, ma il tragitto è ancora lungo. Ci attende tutta la notte a cambiare treni e fumare sigarette nei bagni.



Ora ci troviamo su di un intercity con cuccette, spaziose come bare e altrettanto comode. Sono le undici di sera e tra poco dobbiamo scendere. Questi paesi del cazzo hanno tutti nomi strani, iniziano con lettere messe a caso e, nel nostro tragitto ci sono due paesi che iniziamo per CZCZ.
Il mio cervello va in assoluto caos, sulla mappa vedo che CZCZ è a 30km da Czaplinek e quindi, saremmo dovuti scendere a quattro fermate successive, al posto che scendere alla prossima. Sono così orgogliosa di aver trovato una soluzione a questa situazione di merda per me e i miei amici, che presi dall'entusiasmo, blocchiamo il capotreno che, scazzato ci fa pagare il supplemento.
Siamo sereni, forse arriveremo finalmente alla meta.

Ho una strana sensazione però, forse la dislessia ha occupato la mia mente e mi ha confusa con questi cazzo di CZCZ. Infatti me ne accorgo dopo qualche minuto. In realtà stiamo andando nell'altro paese che inizia per CZCZ, non quello vicino alla meta. E quello che stiamo raggiungendo si trova a pochi passi dalla Germania. Merda. Non so come dirlo agli altri, mi prenderanno a zainate sul naso e da perfetta risolvitrice di situazioni di panico, mi metto a piangere sentendomi in colpa.
I miei amici però, non si arrabbiano per fortuna, ma ora il problema è informare il controllore, dato che le porte di questo treno non si aprono in automatico, ma le apre lui stesso. Decidiamo di scendere a Stargard, dove alle tre di notte ci sarebbe stato il treno per CZCZ (quella giusta), e da lì quello per Czaplinek.
Giunti a Stargard, urliamo al capotreno che dobbiamo scendere, ma lui ci fa cenno di no, chiudendoci la porta in faccia e accennando ad un malefico sorriso.
Non è possibile, dobbiamo assolutamente scendere, non possiamo arrivare in Germania. Sarebbe il colmo per il primo giorno di vacanza.
Veloci come la luce, scendiamo da un altro vagone, travolgendo i poveri passeggeri ignari di chi si trovano di fronte,  mentre il controllore se la ride.. ma ce ne sbattiamo il cazzo, perché ci attendono sei ore in stazione e la priorità è la vita.
Questa stazione non sembra essere per niente sicura, la gente nemmeno.
Sono tutti polacchi nazi, che passano davanti a noi in gruppo e sicuramente armati di odio e coltelli.
Ci piazziamo sulle panchine mentre poco alla volta ci troviamo circondati dal deserto e da un'atmosfera macabra e suggestiva.
Mancano tre ore all'arrivo del treno.



11 AGOSTO

Forse il senso di colpa per il mio errore ha fatto sì che rimanessi sveglia per vegliare sui miei compagni di viaggio, che dormono come bestie proprio mentre un acquazzone si imbatte su Stargard e rinfresca l'aria gelida della notte.
Ci raggomitogliamo tutti vicini coperti da un telo e ci facciamo calore con l'espirazione. La tenerezza di questa unione per la sopravvivenza ci commuove, a tal punto che decidiamo di unire tutti i nostri soldi in un fondo comune, Luca ne trae beneficio e se la ridacchia visto che era in debito con tutti noi.






Ci catapultiamo sul treno e finalmente, dopo averne cambiati altri due, raggiungiamo così Czaplinek alle sette del mattino.
Scopriamo che ci attendono altri cinque chilometri a piedi per arrivare al campeggio. Non male per chi non ha dormito tutta notte e deve portarsi sulle spalle chili di materiali per sopravvivere.




Passano così tre ore di cammino, fra pause, sigarette e bestemmie. Riusciamo anche a fare la spesa, svaccandoci all'entrata del supermercato per inaugurare l'ennesima pausa condita da sguardi dubbiosi e nauseati di vecchi polacchi legati alla loro terra.
Il campeggio pare un miraggio talmente siamo esausti, quindi ci tuffiamo nel prato e ci ingozziamo di kabanos, cioè salsicce di carne secca di maiale, per farci abbandonare in un profondo e meritato pisolino.



È arrivato il momento di chiamare Tomash, il tanto atteso fanciullo che ci avrebbe portato i kayak. Annuncia il suo arrivo tra qualche minuto, e senza nemmeno rendercene conto, eccolo col suo furgoncino che traina un rimorchio coi nostri kayak. Guida come un vecchietto affetto da Parkinson, sembra che non gliene freghi niente del contenuto delicato che trasporta perché riesce a prendere in pieno tutte le buche.
Rimaniamo sempre più stupiti dal suo strano modo di vivere e dalla sua freddura nel conversare. Nessun sorriso, solo sguardi da soldato dell'est.



Salutato Tomash, prepariamo i nostri muscoli e afferriamo i pesanti kayak per portarli alla riva del lago. Sì, del lago, perché il nostro lungo viaggio avrà inizio su questo enorme lago e il fatto non ci tranquillizza per niente.
Abbiamo deciso di percorrere 180 km non avendo la benché minima idea delle tecniche su come pagaiare, la nostra unica esperienza con questi mezzi ha avuto inizio circa un mesetto fa. Un nostro amico ci ha prestato il kayak e l'abbiamo testato su uno stagno dell'Adda.
Osserviamo i kayak, ci scambiamo qualche sguardo di complicità reciproca e scopriamo che nessuno dei quattro ha più voglia di intraprendere quest'impresa eroica.
Ma Luca scava nel suo super io e matura che ormai è tardi, abbiamo già consegnato i soldi e tirarsi indietro non ha senso.

Mentre Ax e Vero riprendono le ore di sonno perse nelle sperdute stazioni polacche, Luca ed io testiamo il mezzo.
Salire è semplice, il kayak è spazioso e pesante, questo può solo rassicurarmi.
L'iniziale attimo di panico viene subito sostituito dall'eccitazione e dal divertimento, troviamo poco alla volta un equilibrio e gestiamo perfettamente la prova kayak da due posti.
Siamo felici ed esaltati, forse riusciremo a non morire.

I nostri compagni riprendono vita dal letargo e, insieme, decidiamo di cenare. Purtroppo nemmeno qui abbiamo trovato la camping gaz, quindi la nostra spesa è concentrata per lo più da cibo freddo, birre ed una bottiglia di vodka polacca, la zubroska.
Ax e Vero hanno comprato anche del tabacco, ma l'aspettativa è stata più che deludente: sembrano scaglie di tronchi tagliate con una sega.
Mangiamo sotto un gazebo di legno in riva al lago, tutto sembra andare per il verso giusto, finché un temporale non si imbatte prima delicato poi irruento sulle nostre vite.




Passiamo la serata al bar a bere birre mentre ci chiediamo se sia il caso di partire domani con questo tempo di merda. Rimandiamo la decisione e giochiamo a carte, senza preoccuparci della sorte delle nostre tende.
E del nostro futuro.

12 AGOSTO

Le nostri fedeli tende non hanno portato delusioni, al contrario della nostra organizzazione. Abbiamo infatti deciso di impermeabilizzare i nostri zaini con dei sacchi neri e rosa dell'immondizia, dato che i kayak sono aperti e sicuramente entrerà molta acqua.





Dopo aver smontato tutto e protetto gli arnesi e i nostri viveri coi sacchi neri, riempiamo i veicoli. Durante il trasporto qualcuno ci osserva indignato, abbiamo già oltrepassato il limite del ridicolo, quindi ce ne sbattiamo abbastanza.

Partenza! Luca ed io in testa, Ax e Vero ci seguono. Come da previsto, si inizia subito a litigare tra le coppie perché ognuno pensa che l'altro sbagli a remare, e in mezzo al nulla assoluto circondato da un profondo e immenso lago e da una Natura selvaggia, le nostre urla rimbombano e spaventano la fauna locale.
La paura, però, domina i nostri sentimenti e cresce più ci allontaniamo dalle sponde per ritrovarci in mezzo al lago.
Anche se ribaltarsi è difficile data la pesantezza dei mezzi, l'ansia prende il sopravvento in particolare appena il cielo inizia a prenderci per il culo.
Un gregge di nuvole poco simpatiche conquista la serenità climatica che poco prima ci rassicurava, per dar spazio ad un vento e una piogerellina snervante e fastidiosa.
Non poteva andarci meglio, d'altronde vedendo come abbiamo dato inizio a questa vacanza, le cose possono solo peggiorare.

Inzuppati ed infreddoliti tentiamo di velocizzare il ritmo, ma Vero deve svuotare la propria vescica e sapendo che è in quella particolare fase mensile dove ogni donna diventa Satana e allo stesso tempo bisognosa di coccole, non osiamo consigliarle di aspettare, ma ci catapultiamo sfondando i giunchi che circondano l'isola più vicina.
Approfittiamo a nostra vostra dell'interruzione per mingere, ripartendo con un problema in meno.

Vediamo qualcosa alla fine del lago, forse un cartello. Aumentiamo la velocità, pensando che se l'avessimo raggiunto prima, non sarebbe sparito. Eh sì, è proprio un cartello: "DRAWA".
Ci sentiamo sollevati ed orgogliosi di noi stessi, stiamo veramente dando forma alle nostre cazzate! E ci stiamo anche riuscendo!






Subito dopo il cartello, ci infiliamo in un canale costeggiato da boschi fitti e insetti esploratori di ogni nostro orifizio.
L'atmosfera cambia decisamente, qui regna la pace della Natura.
Siamo talmente emozionati che salutiamo il Drawa con un rutto sincronizzato ed un sorso di vodka ciascuno.

Ora ha inizio la vera avventura. Non c'è molta corrente e il canale non è molto esteso. L'acqua pare limpida e pulita, riflette il verde degli alberi e dei cespugli che la circondano, ma sottrae alla vista  alghe viscide e rami caduti. L'obiettivo è evitarli, ma la scarsa esperienza in kayak non facilita di certo la conduzione di questi mezzi.
Prima di partire, Luca ha scaricato e stampato una mappa dal sito del nostro noleggio. Sembra disegnata dai bambini dell'oratorio, non indica nessuna distanza né tanto meno bivacchi o campeggi.
Anche in questo caso dobbiamo affidarci a Google Maps, il nostro fedele protettore.
Proseguiamo nella foresta selvaggia, intravedendo insoliti uccelli e facendoci suggestionare dall'assente coordinamento nel modo di pagaiare e dalle mostruose ed enormi zanzare polacche che ci stanno succhiando anche l'anima.
La pioggia non è più un problema, gli alberi ci fanno da scudo, anche se evitare i possenti rami che sporgono è difficile: facciamo strike ad ogni ostacolo, riportando graffi e ferite da guerra gloriose.




Il percorso dura poco più di un'oretta e riesce a condurci su un ristretto lago dove la pioggia torna insistente. Per fortuna a poco meno di due o tre chilometri intravediamo un secondo cartello, quindi non possiamo sbagliarci. Chiediamo conferma anche ad un pescatore che si trova proprio dietro l'indicazione, che con un verso da bergamasco polacco ci orienta verso sinistra.

Dopo aver avvistato un'area di sosta con un gazebo e due panchine, ci facciamo persuadere dalla vista di uno spazio abbastanza attrezzato sulla riva opposta.
Sicuri di sottrarci dalla convinzione che l'area di sosta fosse un bivacco, solleviamo i poderosi kayak proprio nel prato del maneggio. Sì, del maneggio perché dopo aver esplorato il posto, scopriamo essere privato e non uno spazio conforme al nostro percorso.
Nel frattempo la pioggia aumenta e i cellulari non trovano campo.
Sembrerebbe che i dipendenti della struttura ci stiano bestemmiando addosso con una tale cattiveria e gelosia per il proprio complesso, che ci sentiamo quasi imbarazzati.
Una super omona, ci raggiunge di corsa confabulando grida e un'intenzione assassina nei nostri confronti. E che lingua può parlare qualcuno così incazzato oltre il polacco? Ovviamente tedesco.
Luca cerca di farsi spiegare, ma lei non ne vuole sapere: dobbiamo abbandonare il posto immediatamente. Ci rechiamo, dunque, in un altro complesso dalla parte opposta poco più avanti dal maneggio di quella stronza poiché intravediamo dei kayak come i nostri.
Sereni e soddisfatti di aver trovato finalmente la struttura apposta per i kayakisti, ci accorgiamo che si tratta di un noleggio di canoe. Un ragazzo, che sta grigliando un centinaio di minuscoli pesci, uno dei pochi educati incontrati fin'ora, ci rileva che l'area di sosta incontrata poco prima, è il vero e proprio bivacco dove avremmo passato la notte. Lui lo chiama CAMPEGGIO. Lui dice anche che quel CAMPEGGIO IS FULL OF SERVICES.
La domanda si manifesta spontanea: saranno così anche gli altri "campeggi" segnati sul percorso?





Ci addormentiamo con questo terribile dilemma, sperduti nelle campagne polacche.


13 AGOSTO

La mattina nessuno dovrebbe intuire che la propria giornata andrà di merda, altrimenti è esattamente quello che succede.
Per intuizione o per realtà, questo giorno sarà proprio un disastro da come è iniziato: l'umidità ha lavato tutto quel che resta della nostra civilizzazione, costringendoci a ripartire solo dopo aver fatto asciugare tutto al sole.
Abbiamo forti dubbi anche sui meteorologi polacchi: secondo il nostro parere si tratta di un ubriacone chiuso in una stanza che beve vodka tutto il giorno e spara sentenze casuali, poiché le previsioni sono sempre accidentali e abbastanza selezionate secondo il criterio del lancio del dado.
Quell' eterno sbronzo che prevede il tempo non ha tutti i torti, però. Qui infatti, non si capisce un cazzo: nuvole che vanno, nuvole che vengono, sole, spruzzi di pioggia, vento, bufere, alluvioni, estate, inverno, primavera e autunno. Tutto in mezz'ora.

Ripartiamo alla volta della retta via, fermandoci dopo soli cinque metri a causa di una piccola cascata già adocchiata ieri pomeriggio. Solleviamo i kayak e ci concediamo una pausa prima di scoprire quale sarà il nostro fato imminente.


Non sembra male in realtà, questo canale è tranquillo e gli ostacoli che incontriamo non hanno l'apparenza mortale e tanto temuta che ci aspettavamo.
Luca ed io ci facciamo guidare da un martin pescatore, che ci direziona verso l'oscuro e l'ignoto.
L'ansia di trovarsi in una posizione sbagliata e in una circostanza pericolosa aumenta, in particolare non appena sentiamo il rombo di una cascata avvicinarsi sempre più. O meglio, siamo noi che ci avviciniamo sempre più.

La terrificante cascata si trova a qualche metro di distanza, ma per fortuna esistono degli approdi per kayak, fatti da assi di legno, poco prima. Gli sfruttiamo per scendere e goderci un meritato pasto fatto di salami, formaggio e pane. Nel frattempo ci facciamo incuriosire da un vecchio mulino di fianco alla cascata, che sta per crollare. Con la sfiga che ci perseguita, è alta la possibilità che ci cada in testa.










La presenza di altri sconvolti come noi, ci stupisce, ma siamo gli unici ad avere un tale carico di viveri e contenuti nei nostri kayak. Probabilmente questi esseri umani sono lì solo per un gitarella di poco conto, mentre noi, al contrario, dobbiamo sopravvivere.

Dopo l'ennesimo brindisi alcolico, lasciamo le nostre tracce incidendo i nostri nomi sul tavolo di legno, e diciamo addio a quell'area di sosta.
Il percorso prosegue monotono, non ci sono particolari minacce né tanto meno viste esilaranti, finché, senza accorgercene, usciamo dal fiume per trovarci in mezzo ad un lago spettacolare.
La sensazione di calma e poesia che ci infonde la tranquillità del paesaggio e la quiete dell'acqua, ci reindirizza a commozioni mistiche ed estasi divine che ci fanno sentire in pace.
Nessuno di noi scoreggia, il che significa che siamo veramente commossi e non vogliamo rovinare niente di tutto questo.
Una pausa in mezzo a questa meraviglia è indispensabile.







Grazie a Maps, come sempre, scopriamo esserci un campeggio di fronte a noi; il fatto di non voler abbandonare così presto quell'atmosfera indescrivibile, ci porta a decidere all'unanimità di rimanere lì non solo una notte.
Raggiungiamo un piccolo pezzo di terra dove siamo più facilitati a scendere, ma non si tratta del campeggio bensì di una casa privata, la cui proprietaria si trova all'entrata. Storce un pò il naso e ci informa, con uno scarso deutsche secondo il parere di Luca, che il campeggio è stato chiuso. Beh, che dire? Se l'unico campeggio che abbiamo trovato durante il Drawa è chiuso questo può significare solo che questa vacanza la stiamo facendo solo noi, e probabilmente a nessuno glien'è mai fregato un cazzo, nemmeno ai polacchi stessi.



Raccapricciati e pentiti di questa scelta, avvistiamo una graziosa spiaggia sulla parte opposta del campeggio e la raggiungiamo con le sole forze dell'esigenza di cibo e relax. E questo sarebbe stato un posto perfetto per gustarci la vacanza.
Ci sentiamo ancora più stupiti di vedere più di una decina di persone, ormai stavamo compiacendo l'idea che esistessimo solo noi e che la presenza umana fosse un'utopia. Chiediamo ad ognuno di loro se esiste un supermercato o anche solo un piccolo negozio di alimentari, ma riceviamo solo risposte negative.
Non è possibile, dunque, fermarci in questo piccolo angolo di paradiso, nonostante i cartelli annuncino la presenza di tre specie di orsi. Non abbiamo cibo, abbiamo finito tutto come dei grassi maiali insaturi di carboidrati, e non esiste civiltà nel raggio di 20 km.
Non ci rimane che proseguire, e in fretta anche.










Onoriamo il poco tempo passato nel piccolo angolo di paradiso con un sorso di vodka e raggiungiamo il fiume.
Anche il fiume e la Natura però, ci stanno abbandonando perché ora ci troviamo in un'orripilante palude che odora di carogna e alghe viscose.
Lo schifo sale notevolmente e più cresce più la palude sembra non avere fine.

Saranno passate due o tre ore dal fantastico lago, e lo scenario è decisamente cambiato.
Ax fatica a proseguire e a trovare un equilibrio statico con la sua compagna, che pare sempre più annoiata ed arrabbiata col mondo. Vero, infatti, prova disgusto per questa terra e per gli inesistenti servizi offerti per chi attraversa il fiume in kayak. Anche noi l'appoggiamo in quest'odio, e la sua noia diffonde perfino Luca, che continua a lamentarsi di ogni cosa. Come al solito ha fame, ha sete, ha sonno, si annoia, è stanco. La mia posizione dietro di lui è perfetta per tirargli pagaiate inaspettate in testa, facendolo zittire e invitandolo a proseguire più in fretta se vuole esaudire le sue esigenze.

Non possiamo fermarci da nessuna parte, il tempo scorre e la sopravvivenza, come sempre, regna sui capricci.

Mi trovo costretta ad allarmare i miei compagni e fermarci alla vista di un grosso cigno coi cuccioli.
Quelle bestie sanno essere veramente cattive e non ho assolutamente l'intento di scoprire di cosa sono in grado.
Lascio passare prima Ax, che insiste sul dominio degli umani e con un urlo di guerra conquista il passaggio mentre quelle papere del cazzo se ne vanno. In realtà se ne sono andate dopo mezz'ora che siamo stati fermi a cagarci addosso, ed Ax ha preso l'iniziativa solo perché doveva defecare e prima saremmo arrivati, meglio sarebbe stato.

Gli ostacoli ora, sono delle lunghe alghe che intralciano la nostra rotta, condite da pesci morti, moscerini e le onnipresenti zanzare.
Stiamo quasi per vomitare, ma finalmente una speranza ci apre le porte.




Ci troviamo dinnanzi ad una cittadina, Zlocieniec, e sbarchiamo appena possibile, in un parco pubblico dove la presenza umana è abbondante.
Stanchi, puzzolenti e sciupati scendiamo scaricando i sacchi dell'immondizia e ci sentiamo nel mirino di commenti e pregiudizi.

Perlustriamo la zona che scopriamo essere una camping zone fornita per quelli come noi che hanno deciso di passare una vacanza all'insegna della casualità e non in Sardegna al mare a spassarcela.

La struttura è cosi composta: un enorme padiglione circolare ne fa da padrone, affianco due casette aperte sui due lati e davanti un casotto chiuso (dove ci sono i bagni) e un camino all'aperto, inibito alla cucina essendoci un tavolo di fronte.
Le informazioni sopra riportate sono tutte in polacco e questa lingua non assomiglia a niente, non possiamo nemmeno intuire quel che c'è scritto e neanche Google Translate riesce nel suo fine.







Tra sguardi di disprezzo e ragazzini che si nascondono con delle bottiglie di coca cola a bere, ci dividiamo: Luca ed io andiamo a fare la spesa, Ax e Vero vanno a chiedere il prezzo per una notte nell'hotel più vicino.
Noi due torniamo vittoriosi, con cibo in abbondanza e una molteplicità di birre; i nostri due compagni d'avventura, un po' meno: l'hotel richiede più della metà dei soldi che abbiamo in comune.

Si sta facendo tardi, è quasi buio e questa condizione ci costringe a rimanere lì. Ipotizziamo che questo spazio sia aperto per i kayakisti solo a Luglio, mese gettonato per questo tipo di avventura e che quindi stanotte avremmo dovuto dormire lì illegalmente.
Dopo essere rimasti soli e dopo aver cenato sempre a base di salami, formaggio e pane, ci piazziamo nella seconda casetta, quella un po' più nascosta  dalla vista della stradina che attraversa il parco.
Decidiamo di non montare le tende, sperando di cavarcela nel caso in cui fossimo stati sorpresi, ma l'aver perduto un sacco a pelo non mi permette di affrontare il gelo della notte. Ax e Vero invece, si racchiudono dei loro consistenti sacchi e anche stanotte la stanchezza ci fa addormentare quasi subito.

14 AGOSTO

Un simpatico cagnolone bianco e vecchio rompe il mio sonno, di conseguenza obbligo a mia volta Luca a svegliarsi perché sono le sei del mattino e potrebbe arrivare qualcuno.






Ax e Vero continuano a dormire, quindi Luca ed io ne approfittiamo per fare colazione.
Ax sente odore di cibo e ci raggiunge in pochi minuti. Dopo un'attenta analisi e un ragionamento maturato da tre cervelli, stabiliamo che è il caso di chiamare il numero di telefono sui fogli appesi, almeno per provare.. si sa mai!

Ci risponde un tipo che probabilmente abbiamo svegliato, che parla in polacco. Tentiamo di fargli capire che stiamo parlando in inglese, ma lo sconosciuto non accenna a cambiare lingua.
Appena pronunciamo la magica parola "kayak", la voce del triste uomo varia notevolmente ed annuncia il suo arrivo tra pochi minuti.

Non possiamo fargli capire che abbiamo dormito qui, dobbiamo assolutamente spostare le nostre cose come fossimo appena arrivati.
Ed ecco che in men che non si dica Luca, Ax ed io ci mutiamo in atleti professionisti e cambiamo di posto tutti i sacchetti contenenti i panni e il cibo.

Vediamo avvicinarsi due ragazzi, avranno poco più di vent'anni, mentre ondeggiano e tamarreggiano ci raggiungono aprendo il casotto e mostrandoci i bagni.
Le loro azioni sembrano molto automatiche e ripetitive, non accennano ad emozioni o a dialoghi.
Proviamo ad approcciarci con una semplice frase, anche per avere più informazioni riguardo questa struttura, se è a pagamento e come possiamo usufruirne.
"Do you speak english?", chiede Ax. "No.", la secca risposta dei due cip e ciop. "Maybe deutsche?", ritenta Ax. "No.", l'ennesima controrisposta pronta dei due. "Minchia, spanish? French??", incalzo io stupita di fronte a tale ignoranza. "No. ONLY POLSKI", l'atroce verità dei due contadini.

La nostra fatica nel riporre i bagagli come fossimo appena arrivati, non ha avuto senso dato che a questi due non gliene frega un cazzo di niente. Riescono solo a farci capire che è tutto gratis e che stasera arriverà qualcuno. Puliscono la zona così velocemente da pensare che abbiano le rane nel culo e raccolgono tutte le bottiglie di coca cola abbandonate dai ribelli ragazzini polacchi che si spaccano di adrenalina. E come sono arrivati, se ne vanno.. via come il vento.

Abbiamo il permesso di accendere il fuoco, dunque quale miglior occasione per organizzare una grigliata? E dato che questa richiede del tempo, sentenziamo il nostro pernottamento qui anche stanotte. Abbiamo a disposizione anche dei bagni e delle docce e l'idea di lavarci finalmente può solo che renderci felici.
Anche Vero è entusiasta di avere la possibilità di usufruire di un cesso per poter finalmente scaricarsi dopo giorni di stitichezza.








Poco alla volta il parco si riempie e sempre più ragazzini si nascondono nelle casette con bottiglie di coca cola e fanta. Possiamo solo deriderli, anche se dovremmo vedere prima noi stessi: stiamo rotolando sul prato dopo esserci ingozzati di carne e continuiamo a scoreggiare senza ritegno.

Forse l'idea di rimanere qui stanotte è poco produttiva, stiamo perdendo un giorno solo perché il fatto di avere un fuoco ci ha esaltati. Da domani torneremo a mangiare roba fredda, così andiamo a comprare due pacchi di ravioli tipici polacchi, i pierogi, da preparare per domani.

Vero ed Ax vanno a fare un giretto in kayak per prevedere brutte sorprese domani mattina, mentre io e Luca facciamo da guardia alle nostre cose.
Abbiamo fatto bene a rimanere lì e a non lasciare le nostre cose incustodite, perché poco dopo intorno a noi si riempie di ragazzi più grandi, che a gruppo continuano questa strana usanza dello sfasciarsi di coca cola.
Ma un trio di trent'enni polacchi ci spaventa più di tutti: si posizionano nella prima casetta e iniziano a scolarsi bottiglie di vodka come fosse acqua.
Uno dei tre in particolare alza la voce più di tutti e nel suo ricercato linguaggio da filosofo post moderno si sente solo "KURVA" (termine polacco e non solo che racchiude tutte le parolacce che possiate conoscere. In Italia esistono più sfumature di volgarità, purtroppo, dunque collegate ogni imprecazione a questa parola, kurva.)
Ha anche due cani che curiosano tra la nostra roba e vengono costantemente richiamati dal pazzo urlatore "IRAAA, KORAAA". Si sentono in lontananza le sue corde vocali spezzarsi, ma questo non lo ferma nell'avere un tono di voce smisurato alla napoletana.
Mentre l'amico continua ad urlare e a condire le sue frasi con quattro "kurva" ogni due parole, l'amico in bici va alla ricerca di "some pipe", intralciando Vero ed Ax, che al loro ritorno non sembrano per niente tranquilli alla presenza di questi individui loschi.
Il richiedente di "some pipe" sembra il più tranquillo dei tre, anche se gli manca qualche dente. Sembra un pianoforte, e immaginiamo il motivo per cui sia così.
Sempre più preoccupati ci uniamo ad un gruppo di ragazzi che ha acceso il fuoco nel padiglione, e dopo aver preparato i ravioli, i tre muniti solo di cattive intenzioni, raggiungono il posto facendo scappare gli altri.
Luca ed io ci allontaniamo per indisposizioni sociali, mentre Vero ed Ax rimangono soli in balia di presunti terroristi.

Carpiscono dai loro discorsi che stanno parlando di crack e non appena vogliono darsela a gambe, vengono intralciati da Pianoforte che tenta un approccio con un'inglese molto rumeno.
Avvisa la spaventata coppia che lui e i suoi due amici si trovano lì per festeggiare la libertà dello sfrenato urlatore seriale: "Kurva", infatti è uscito solo ieri dalla prigione e i festeggiamenti hanno luogo adesso, tra noi, con due bottiglie di vodka liscia a cranio.

Raggiungiamo i nostri amici con la speranza che siano fuori pericolo, ma i tre moschettieri non sembrano calmarsi. Ora che abbiamo l'autorizzazione di poter accampare qui, "Kurva", Pianoforte e il terzo galeotto ce lo impediscono.

Discutiamo sul da farsi, e proprio in quel momento si unisce a noi il guardiano della zona, per controllare la situazione e vigilare la zona.

Come dei piccoli ed indifesi bambini, lo preghiamo di rimanere con noi perché più passa il tempo più ci stiamo cagando addosso dalla paura.
Spostiamo i kayak insieme all'aiuto di Patrick, il guardiano grande e grosso con un codino sulla barba.
Le sue dimensioni ci rassicurano, così come il fatto che ci permette di montare le tende a qualche decina di metro dalle tre teste di cazzo, che alimentano il nostro fuoco passato ormai in loro proprietà, con la legna da noi duramente raccolta.

Patrick finisce il turno alle dieci, manca poco, ma le chiacchiere lo trattengono più a lungo del previsto. Ci racconta che "Kurva" è stato arrestato perché ha tentanto di aggredire sei persone con le sue forze da decelebrato, ma è stato assalito da una dozzina di geni come lui. Da allora, racconta Patrick, il ragazzo si è calmato. Ora sta festeggiando coi suoi amici la libertà, ma secondo il buon custode, "they only drink a lot, vomit, and go home".
Nel frattempo il telefono di Patrick continua a squillare: è la sua ragazza, che si starà chiedendo che fine ha fatto. La suoneria del telefono conferma che questo grande uomo è un vero nerd, ha la musichina di Super Mario e subito si ritrova a parlare di cose noiose con Ax, le quale mi fanno gonfiare i nodi linfatici dalla noia.. videogiochi, anime, film da nerd bla bla bla.
Il guardiano ci rivela nozioni  importanti sui modi di fare polacchi e sulle loro usanze, soprattutto giovanili. Ricordate quando vi ho raccontato delle decine di ragazzini nascosti a bere coca cola e fanta? Patrick ha risolto ogni nostra perplessità riferendoci che il Polonia la legge vieta di bere in pubblico, dunque l'alchool viene travasato in semplici ed innocenti bottiglie.
Questo ci completa un grosso buco rimasto incolmo, ma allo stesso tempo ci viene subito in mente il fatto che il primo giorno ci siamo presentati ad una capotreno impostata con delle birre e ce le siamo scolate sul treno davanti a tutta quella gente.
In più in Polonia non è comune fumare il tabacco e farsi le sigarette, anche per questo motivo il tabacco tagliato è ridicolo; se qualcuno dovesse vederti penserebbe a te come un drogato intento a fumarsi un cannone, ecco spiegati gli sguardi sfavorevoli alla nostra presenza in terra polacca.

Si fa tardi, Patrick deve raggiungere la sua ragazza che dato il suo ritardo di quasi due ore, gli avrà spaccato tutti i videogiochi e probabilmente il nostro intrattenitore e salvatore allo stresso tempo, si sarà suicidato.

Ci mettiamo a dormire, sperando che domani possa essere migliore.



15 AGOSTO

Ma oggi è il 15 Agosto! Ecco perché stamattina al parco è pieno di bottiglie di succhi di frutta e altre usate per nascondere la vodka.
Siamo anche curiosi di sapere che merda avranno lasciato lì Pianoforte, Kurva e il terzo anonimo.
Come da sospetto, sei bottiglie di zubroska liscia, abbandonate nel falò, mezze bruciate.

L'essere sopravvissuti a ieri sera non può che farci gioire e darci la carica per affrontare questa ennesima fatica sul fiume. Non sappiamo cosa ci aspetta oggi, solo Ax e Vero hanno intravisto un imminente ostacolo a poche decine di metri dal camping zone e ce lo segnalano come impossibile.
Si tratta di un'altra cascata, di dimensioni ridotte alla prima, ma difficile, se non irrealizzabile da poter superare canticchiando.

In realtà l'intoppo è più semplice di quanto temessimo, solleviamo i mezzi, appesantiti dall'ennesima fornitura di birre e cibo freddo, e li carichiamo dalla parte opposta del ponte.
Resi conto dell'esistenza di un parco naturale di dimensioni minute, ci fermiamo ad ammirarne le caratteristiche. Niente di che a dire il vero, allora proseguiamo nell'impresa un po' delusi.






Il percorso alterna frazioni di bosco, dunque alberi e rami sporgenti come fossero trappole per umani, a palude e ostacoli creati dalla sovrapposizione di rami, alghe e rifiuti.
Ax e Vero rimangono bloccati su una di queste barriere e, dato che l'unione fa la forza, aiutiamo i due malcapitati ad uscirne.
La parola d'ordine è "sfondamento", dunque uno alla volta prendiamo la carica per una rincorsa che avrebbe dovuto spezzare l'incaglio. Uno, due, tre. Con tutte le forze Luca ed io arriviamo a metà ostacolo, ci giriamo e vediamo lo sguardo vichingo di Ax che scalcia come un toro di fronte alla bandiera rossa.. Conquista tutte le sue energie e sfonda le alghe; rimane pero' bloccato a sua volta, ma ormai l'ostacolo è quasi debellato, e con una spinta con le pagaie evitiamo di perdere troppo tempo per questi insignificanti impedimenti, che si ripetono più volte durante il nostro arrivo a Drawsko Pomorskie.



La presenza umana in questo mondo è ormai lontana dai nostri ricordi, qui tutto sembra inabitato e accenna ad una presenza unicamente animale.
Sentiamo dei brontolii e dei versi di orso incazzato, ma ci accorgiamo che si tratta dei nostri stomaci: stiamo morendo di fame. Ax si meraviglia del fatto che i suoi tre compagni abbiano sempre appetito, perché lui afferma di non averne quasi mai, ma appena intravediamo un punto a noi accessibile per la pausa pranzo, si dimostra il più affamato e devoto al cibo.
Anche noi non siamo da meno e iniziamo a sperimentare composizioni di cibo con la poca fantasia che ci resta: panini con carne spalmabile, con sopra cetrioli sott'aceto e pomodori freschi oppure pane e grasso spalmabile con funghi sott'olio e salcicce secche. Insomma, l'istinto di sopravvivenza ci trasforma in chef culinari d'alto rango e i rutti digestivi che rimbombano nel paesaggio inabitato, ne danno la conferma.
Abbiamo appena pranzato su un prato, con uno spazio ristretto e una scomodità inimitabile, ma appena saliti sui kayak scopriamo che a meno di dieci metri più avanti esiste una zona vasta con tavoli e gazebi di legno, dopo potersi rilassare in armonia con la Natura.
Proseguiamo oltre, questo può solo trasformarci di malumore quindi è importante mantenere il ritmo giusto ed arrivare al prossimo bivacco il prima possibile.








Luca ed io scorgiamo un vecchio cartello di legno e ci avviciniamo per saperne di più; è indicata una zona bivacco tra un chilometro: finalmente!
Gioiamo per la scoperta, non abbiamo nemmeno il tempo di concludere le nostre urla di felicità, che il bivacco appare magicamente dopo solo venti metri.
Ma che cazzo di distanza usano qui il Polonia? Beh, meglio così, non vediamo l'ora di rilassarci.
Scendiamo con l'affanno in gola ed esploriamo il campo, occupando il posto migliore. Lasciamo incustodite le nostre cose per andare a curiosare più in là, nel bel mezzo del bosco, e soprattutto per raccogliere della legna preziosa per accendere un fuoco stasera.






Questo bosco è davvero spettacolare, gli alberi sono tutti altri e paralleli.. la pulizia è impressionante così come la calma e la magia che quasi ci commuovono.

Luca ed io, rimasti più indietro rispetto agli altri due, riusciamo a vedere un piccolo ed incantevole cerbiatto, che corre beato.
Si sta facendo tardi, è il caso di raccogliere la legna e portarla alla base.








Mentre torniamo tutti insieme per qualche sconosciuta esigenza, forse cagare, intravediamo strani movimenti provenire dal fiume. Mi avvicino e scopro che non siamo gli unici idioti ad aver intrapreso quest'avventura: ci sono altri canoisti intenti a raggiungere il bivacco. Sono in sette, con tre kayak e un'enorme e possente canoa.
Stanno sbarcando, ma subito capiamo che non hanno nessun punto in comune coi nostri modi di fare.
Non appena scendono dai mezzi, gli uomini vanno alla ricerca di legna mentre le donne portano in base gli zaini e i viveri.
La loro velocità ed efficacia ci fa rimanere di stucco: li stiamo guardando a bocca aperta, come fossero alieni. In dieci minuti hanno già raccolto legna a sufficienza, montato le tende e preparato la cena. Tutto mentre noi siamo riusciti a fumarci mezza sigaretta.
Un momento. Ma sono in possesso di seghe e falcetti! Abbiamo a che fare con dei professionisti, probabilmente appena vedranno il contenuto della nostra cena, proveranno una tale pena che decideranno di ucciderci per non farci soffrire il loro confronto.
L'origine degli atleti efficienti e preparati non può che coincidere con la superiorità della razza ariana, sono tedeschi. Lo capiamo dal loro modo di organizzarsi: non parlano, basta solo uno sguardo per movimentare l'intero gruppo e ognuno ha compiti precisi. Non perdono tempo, sono preparati ed esperti.
A pochi passi da loro, invece, ci siamo noi, che non abbiamo nemmeno la mappa di quello che stiamo facendo da qualche giorno ormai. Che non sappiamo che cazzo sia un kayak e come manovrarlo. Che appena sbarchiamo la prima cosa è scoreggiare, rolotolarsi sui prati come dei panda e fumare sigarette.
Che la legna la raccogliamo solo se si trova ad un raggio di due metri e mezzo, altrimenti mangiamo salami e pane.
Lo schifo per noi stessi sale più i tedeschi fanno cose, quindi decidiamo che è il momento che l'Italia smetta di ridicolizzarsi di fronte alla Germania. Alitiamo suoi muscoli, tiriamo su le maniche e facciamo vedere ai deutsche chi sono i veri duri.
Prepariamo due pile di legna, l'una il doppio dell'altra, arrotolate da due corde resistenti.
Luca ed Ax decidono di portare il carico meno pesante per primo e uniscono le loro forze per sollevarlo insieme.
Continuano, però, a fermarsi ogni metro sbuffando e riprendendo fiato come due ragazzine.
Assistere a quella scena aumenta la mia  pietà nei loro confronti, mi viene solo da pensare: "come faranno col prossimo carico, che è pesante il doppio di quello?".
Rievoco il maschio che è in me, e porto il secondo carico da sola in poco tempo, senza fermarmi, mentre le due femminucce si lamentano del peso che devono dividersi e mi raggiungo dopo venti minuti.
Non torno indietro ad aiutarli affinché i  tedeschi assistano a quella pietosa scena ed abbiano la conferma che i veri duri sono loro.
Italia 0 Germania 1.

Scaldiamo i pirogi, fanno un po' ribrezzo in realtà, ma hanno qualcosa di affascinante nel gusto. Di certo non le dita che si lecca Ax mentre li divide in parti disuguali, mangiandosene qualcuno nel frattempo.

La notte cala pian piano ed una stellata ci circonda dalla realtà, mentre i tedeschi suonano la chitarra attorno al falò.



16 AGOSTO

I deutsche si sono svegliati addirittura prima di me, sono le sei e mezza e l'idea di trovarceli davanti durante il percorso non mi piace. Non si tratta di competizione, perché non abbiamo speranze, ma se avessimo incontrato ostacoli più impegnativi avremmo dovuto aspettare che tutti loro passassero, per poi proseguire.
Appena i miei amici si svegliano, facciamo colazione e ci prepariamo a lasciare il posto.
Luca ed Ax vanno a lavare i piatti con la spugna e il bagnoschiuma, ma attirano più pena che gnocche dunque gli viene elemosinato dai tedeschi un po' di detergente per i piatti biodegradabile.
Tornano con la vergogna che sbuca dal naso insieme a qualche caccola marrone e secca.
In lontananza i tedeschi consultano quella che sembrerebbe la mappa del Drawa.
Ormai, pensiamo, avranno capito che siamo allo stesso livello dei loro zerbini, e che quindi chiedere di poter dare un'occhiata alla loro mappa non cambierà di certo la loro opinione.
Luca indifeso avanza gentilmente la richiesta, che viene accolta da uno di loro in mezzo alla totale impassibilità degli altri.
Fotografiamo la loro mappa per poterci orientare finalmente in questo sconosciuto percorso che ci riserva sempre più sorprese.
Partiamo prima di loro, convinti di poter arrivare al prossimo bivacco e scegliere il posto migliore.




Il percorso non è difficile, ma i rami iniziano ad intralciare la retta via, e le numerose curve e la corrente non aiutano di certo. Anche i nuvoloni che ci vegliano dall'alto non ci tranquillizzano.

Durante il tragitto vediamo un'opera dedicata al papa Karol Wojtyla, e grazie alle informazioni di Patrick, sappiamo che anche lui ha percorso il Drawa in canoa.

Ci sono circa una dozzina di ponti da superare, al termine dei quali saremmo giunti alla civiltà di cui abbiamo ormai dimenticato l'esistenza.
Luca ed Ax, i soli con un telefono dal GPS funzionante avrebbero dovuto lasciarlo in carica al massimo, ma Luca ha perso tempo su Facebook, da perfetto bimbominchia, ed ora possiamo contare solo sull'apparecchio di Ax, il quale sembra abbandonarci pian piano.

Dopo aver attraversato molti ponti e averne perso il conto, su uno di essi vediamo la colossale scritta "Camping 200 m".

Un'ulteriore sfiga si imbatte violenta sulle nostri innocenti anime: un temporale smisurato si manifesta su questa città.
Stiamo pagaiando con ogni forza durante il diluvio universale e ogni goccia che trova rifugio nei kayak, è un allarme per le nostre cose.
Sulla destra si trova un complesso con dei gazebi e dei tavoli, potrebbe essere questo il posto a noi dedicato.
Ma non si trova a 200 metri dal cartello, e poco più avanti intravediamo un ulteriore ponte con un cartello. Forse il bivacco è più avanti! Raduniamo ogni forza e speranza e arriviamo al ponte, che però segnala due chilometri. Dobbiamo tornare indietro, pensiamo che quella di prima è la nostra camping zone.
Controcorrente, però, è quasi un suicidio, in più la pioggia intralcia le nostre performance già ridicole.
Riusciamo a fatica a raggiungere il posto, e mentre scendiamo dai kayak scegliamo già dove piazzarci: i tedeschi stavolta avranno la peggio.
Eccoli, subito dopo, arrivare con la destrezza di un giocatore di scherma. Appena scesi dai loro possenti mezzi, raccolgono la legna bagnata per riporla sotto il loro gazebo e sistemano già tutto, mentre noi li osserviamo e fuori piove come se dovesse piovere per l'ultima volta al mondo.
Sotto il nostro gazebo c'è una griglia con della carbonella, e questo ci gasa molto.
Mentre Luca va alla ricerca disperata di un bagno, i tedeschi ci offrono dell'acqua calda. Ok, facciamo veramente pena allora.

La tempesta è agli sgoccioli, sembra che qualcuno lassù voglia darci tregua.
Un distinto signore, dopo aver parcheggiato la sua renge rover a pochi metri, informa i tedeschi che questa zona è privata e costa 30 zloti a testa, il campeggio per gli avventurieri, si trova più avanti, a circa due chilometri.

La rabbia nei nostri cuori si fa sempre più intollerante e inizia ad aumentare, così come il temporale.
Un acquazzone più rude del primo si scaglia su quella situazione di merda, e non possiamo fare altro che sbrigarci per poter arrivare prima dei deutsche.
Ovviamente loro si preparano prima di noi e rubano i ceppi di legna del posto, mettendoli sul sedile di due ragazze, che li avrebbero raggiunti a piedi.
Partono come dei super eroi e le nostre speranze di raggiungerli e addirittura superarli, si annullano.
Prima di salire riusciamo a rubare la griglia, anche se sappiamo già che non ci servirà mai.
Riusciamo ad arrivare addirittura dopo le ragazze che hanno raggiunto lo squallido bivacco a piedi. Ci sono due gazebi: uno recintato in mezzo al prato, l'altro senza panchine, senza assi come pavimento senza niente, immerso nel fango e nella merda più totale.
Mentre scarichiamo la roba e decidiamo di posizionarci sotto il gazebo recintato, vediamo che i deutsche l'hanno già occupato e uno di loro ci consiglia che è meglio che noi andiamo nell'altro.
La prontezza di una risposta non colpisce, costringiamo noi stessi a dargli ascolto ed abbassare il nostro livello di schifo umano ancora più sotto di quanto lo fosse già.
Italia 0 Germania 2

Qui fa troppo schifo, il fango ci circonda, tra poco saremo costretti a respirarlo se non ci spostiamo nella parte recintata insieme a loro.
La pioggia continua incessante e furibonda e non possiamo farci niente.
Aspettiamo che la tempesta riprenda la calma tanto pregata e finalmente, riusciamo a traslocare nel prato coi nostri avventurieri compagni bastardi.

In realtà la zona bivacco è quella recintata, quella fuori probabilmente è li solo per esposizione, non dovrebbe essere accessibile nemmeno ai cani.
La pioggia ormai è lontana, e i tedeschi occupano anche l'unico spazio per il falò, dove tentano di accendere il fuoco con la legna rubata e bagnata.





Luca ed io approfittiamo del momento per andare a fare la spesa, mentre Ax e Vero continuano ad essere vittime di bullismo da parte dei tedeschi, perciò si nascondono in tenda.

Abbiamo comprato troppe cose, i sacchi della spesa pesano abbastanza. Luca ha difficoltà, nonostante stia sollevando il carico meno abbondante. Facciamo varie pause, ma se continuamo così non raggiungeremo mai la base.
Manca poco, dopo il ponte prometto a Luca che avremo fatto una pausa, dopodiché saremo quasi arrivati. Luca mi guarda sofferente e come fossi la sua mamma mi domanda: "Ti prego, dopo il ponte facciamo la pausa?". Non ho il tempo di dargli una risposta, che appoggiato un piede sulle piastrelle del ponte, vedo il mio ragazzo scivolare e cadere a terra. La bottiglia di acqua gli si sfila dalle mani e rotola finché i rapidi riflessi non la portano in salvo dal fiume.

Non so se ridere o provare compassione, di certo chi ha assistito alla scena non si è fatto la stessa domanda. La scivolata di Luca ha intrattenuto e divertito i passanti, che si sono limitati a questo senza aiutarci con la spesa.

Dopo esserci ripresi dal disagio, il cartone contenente una trentina di birre si rompe e queste iniziano a rotolare sull'asfalto.
Raggiungo il bivacco da sola e richiamo il soldato Ax per andare ad aiutare il compagno.
Per fortuna i tedeschi non ci hanno visto, sono troppo impegnati ad alimentare il fuoco che ormai è bello e prepotente.


C'è un piccolo problema però: il fuoco serve anche a noi.
Ci accomodiamo intorno al tesoro incandescente, sulle panchine di legno e iniziamo a scolarci una buona parte delle nuove birre (che esaltano Ax e Luca visto che sono costate meno della Best Brau ai tempi d'oro, ma sanno di lattina) e una bottiglia di vino bianco.
Mentre ruttiamo, beviamo e ridiamo a voce stratoferica, i tedeschi preparano un'enorme pentola dove avrebbero buttato sette confezioni di pasta.
Nel mentre la nebbia che si incontra ogni sera d'inverno in pianura padana, inizia a sfocare tutto e fuori dal recinto lo scenario deserto di campi di mais, rabbrividisce chi esce per i propri bisogni, dato che il toy toy si trova all'esterno.

I tedeschi hanno quasi terminato e noi esortiamo Luca, unico possibile interlocutore, a chiedere ai deutsche lo sfruttamento del loro fuoco.
Luca però, non si limita solo a questo. Consegna al capobranco tedesco la carbonella rubata poco prima, saranno stati 300 grammi scarsi. L'orso tedesco si gira verso i suoi compagni e, con un tono ironico e schifato, chiede che cazzo può farci con quella.
Luca inizia ad innervosirsi, prova odio e risentimento per quel finto tedesco di Berlino.

La cena deutsche è giunta al termine, dieci chili di schifosissima pasta pronta ad essere inglobata nei loro muscoli.
Anche noi prepariamo la pasta, mentre gli stronzi ci insultano e ci deridono.
Luca prova a farsi amico il proprio nemico, dialogando e informandolo della propria origine tedesca.
L'omone rimane stupito, avverte i suoi compagni e tra loro partono scambi di soldi casuali: hanno, infatti scommesso, sulla nostra nazionalità. Metà di loro sentendoci parlare hanno giurato fossimo polacchi, l'altra metà erano convinti fossimo rumeni.

La cosa ci tocca talmente tanto che ci sbronziamo e concludiamo la nostra serata giocando a carte, mentre poco alla volta il gruppo coinquilino si smista per andare a dormire.

17 AGOSTO

Come sempre, la prima a dare il buongiorno alla Polacchia sono io, che mi trovo davanti uno dei tedeschi completamente nudo che si fa il bagno della merdosa acqua del Drawa.
Luca mi segue, e vuole dimostrarmi di essere in grado di pareggiare il coraggio del deutsche. Si spoglia nudo e si butta nelle lugubri acque piovane e fangose. Ne esce più sporco di prima e con un raffreddore imminente.
Cerco di convincerlo che sono innamorata di lui comunque, anche se non copia gesta eroiche e che non siamo animali, per cui la prossima volta può limitarsi a prepararmi la colazione.

Dopo che Ax e Vero si sono svegliati e hanno mangiato, partiamo prima degli altri.
Il percorso è in partenza tranquillo e senza grandi imprese da compiere, stiamo ancora attraversando la città dunque il pericolo, se c'è, è ancora lontano.

Abbandonata la civiltà, ci imbuchiamo nella vera Natura selvaggia, dove possiamo solo pregare di rimanere in vita.
La corrente è forte e ci trascina con prepotenza, questo ci impedisce di schivare i possenti rami che si trovano sul percorso.
Rimango impigliata più volte, riesco addirittura a strappare un ramo di circonferenza abbondante col giubbino salvagente, mentre altri stanno per strozzarmi. La prontezza è la collaborazione tra le due persone che manovrano il kayak è tutto: bisogna infatti, fare attenzione a qualsiasi ostacolo e prevedere una possibile via di fuga.

Davanti a noi, però, c'è qualcosa che non abbiamo mai affrontato fin'ora: un enorme albero caduto che ostacola il passaggio.
Dobbiamo scendere a riva, trascinare i kayak dalla parte opposta e ripartire.
Per fortuna l'approdo è conveniente e umano, anche se il terreno è inzuppato da fango dove si sprofonda come fossero sabbie mobili.
Dopo più di mezz'ora riusciamo a scavalcare anche questo pericolo, e ci raggiungono anche i tedeschi. Ripartiamo con l'ansia alla gola: ce ne saranno altri?

Ax e Vero ci precedono e tutto scorre liscio. Riusciamo anche a fermarci per una pausa sigaretta ed un sorso di zubroska.

Ma il fulmine a ciel sereno avviene poco dopo. Davanti a noi Ax e Vero vengono trascinati a forza dalla corrente che li imbatte violenta su un enorme albero caduto. Il loro kayak si sta capovolgendo, vedo la morte e la paura nell'espressione di Ax e il terrore in quella di Vero. Stanno imbarcando molta acqua e cercando di spostare tutto il peso dalla parte opposta per non annegare.
Non possiamo aiutare i nostri compagni, se ci fossimo avvicinati la corrente avrebbe trascinato anche noi e non ci sarebbero state possibilità.

Ancora oggi non se lo sanno spiegare, ma Ax e Vero riescono ad uscire dalla voragine di morte che li stava risucchiando. Forse l'istinto di sopravvivenza, forse l'adrenalina, forse qualche santo che vegliava su loro.. fatto sta che sono vivi. Il problema ora è come superare l'albero: non ci sono sponde spaziose, tutt'intorno è fatto da rami, coltivazioni di ortiche, spine e arbusti.
Non ci rimane che sfidare la Natura e provare a tirar su i kayak immersi nel verde più selvaggio. Luca ed io tentiamo di farlo più indietro, riuscendo a non avvicinarci al tronco risucchiatore, ma non troviamo modo di portare il kayak più avanti. Risaliamo e, stando attenti a non sporgerci troppo, raggiungiamo i nostri compagni che ci aiutano a sollevare il pesante mezzo.
Ax, per darci una mano, è costretto a camminare a piedi nudi sulle ortiche, così come tutti noi. Preghiamo ogni santo fino all'ora insultato, di non trovarci più un pericolo del genere e Vero ed Ax mandano avanti Luca e me, essendo poco più dotati di prontezza.
Arrivano anche i tedeschi, che si fanno ingannare come Ax e Vero, ma sfuggono al disastro con charme e professionalità. 

Ripartiamo, con la paura che pulsa nelle vene. Vediamo altri alberi che intralciano la via, ma diventiamo sempre più simpatici nell'affrontarli: ci sdraiamo completamente sui kayak e passiamo dentro l'unico spazio vuoto, oppure saliamo sul trono uno alla volta mentre facciamo scivolare il kayak.


Ora l'avventura inizia il suo divertimento e l'eccitazione ne fa da padrona.
Quello che più temevamo ci sta esaltando, ma allo stesso modo spaventando.
Due sentimenti contrastanti alloggiano nelle nostre testoline, ma la necessità di fermarsi e trovare un posto base era ancor più grande.
Secondo la fotografia alla mappa dei tedeschi, tra poco ci sarebbe stato un colossale lago, dove al centro si trova un'isola ospitante un campeggio.
Probabilmente non riusciremo mai a raggiungerla, è pomeriggio tardi e ci sentiamo costretti ad alloggiare su uno dei tanti bivacchi rappresentati nella mappa. Ci fermiamo in una zona inibita e molto attrezzata. Potremmo restare qui stanotte, quindi, seguendo l'esempio dei tedeschi, raccogliamo subito della legna.
Ci aspetta uno strano individuo in bicicletta, un apparente simpatico vecchietto che parla un tedesco scacione.
Attacca bottone con Luca, l'unico che gli dà retta, perché questo vecchio ciclista è ubriaco come un dannato e probabilmente sta sparando stronzate all'infinito. Mentre Luca ed Ax spostano i kayak in previsione dell'arrivo dei deutsche, il vecchietto si avvicina a loro e inizia a penetrare loro l'ano con le due dita tozze.
I due si sentono violentati, ma allo stesso tempo imbarazzati e stupiti.
Per fortuna l'individuo si allontana da solo, senza che io fossi costretta ad invertire in difesa delle due principesse.
Raccogliamo molta legna e scegliamo il posto migliore, anzi l'unico posto calpestabile dato che il resto è un enorme stagno allagato.
Stavolta i tedeschi dovranno invidiarci!
Eccoli che arrivano, mentre mostriamo le nostre piramidi di legna secca e loro sono costretti a mangiare su un tavolo merdoso.
Uno mi chiede se fossimo intenzionati a raggiungere il lago. Confermo il suo dubbio, dopo averne discusso coi miei compagni, e mi informa che anche loro sono diretti lì.
Bene, allora dobbiamo sbrigarci e non lasciarli passare avanti.
Invece partono prima di noi, ci sentiamo sconfitti per l'ennesima volta.
Poco più avanti però, sentiamo le loro grida e la loro presenza sulla zona bivacco, ci stupisce. Intuiamo che hanno deciso di fermarsi qui stanotte, perché una ragazza ci informa che più avanti c'è un albero e dunque passeranno qui la notte.
Non possiamo essere così sottomessi da poterli imitare, anche perché non manca molto al lago, solo sette chilometri.

Comunque i tedeschi stasera useranno la legna che abbiamo raccolto noi, già pronta e accumolata con fatica.
Italia 0 Germania 3

Per fortuna superiamo l'albero senza fatica, e durante il percorso non ci sono più ostacoli a rischio.

Durante il concludersi del fiume, uno strano uccello ci fa da guida mettendosi sopra gli ostacoli invisibili ai nostri occhi. Si tratta di un cormorano, non ne abbiamo mai visto uno e questo si fa ammirare senza sfuggire dalle nostre presenze, tant'è che mentre provo a fotografarlo, inizia a cagare tutta la sua vita.



Eccoci finalmente al lago, che sollievo. Abbiamo temuto seriamente il peggio, ma adesso non ci rimane che l'imbarazzo della scelta per i tanti bivacchi segnati.
Il cazzo invece. Dei bivacchi nessuna traccia, qui è tutto silenzioso e cupo.
Si capta perfino l'eco del nostro respiro e il buio si avvicina.

Controlliamo sulle segnalazioni della mappa, ma riusciamo solo a scoprire una tenda grigia militare posta su un'isola, all'interno della quale si nasconde un'altra tenda. La suggestione e l'ansia che infonde questo scenario è troppa e decidiamo di continuare la nostra ricerca dividendoci.




Ax e Vero riescono a trovare un posto attrezzato, Luca ed io solo dei ceppi dei legna su un'isola, ma dei bivacchi nessuna traccia.
Ax e Vero ci fanno strada verso la loro scoperta, non è malaccio in confronto al resto, ma si può dire che non può essere considerato niente al di fuori della Polonia. Forse nemmeno in Burundi potrebbero chiamarlo camping zone.
Comunque.
Andiamo alla ricerca di legna, ma l'umidità ha appesantito le nostre speranze. Non ci rimane che pagaiare fino all'isola per raccoglierne un po'.


Mentre Ax e Vero sorvegliano il tutto, Luca ed io corriamo sull'isola dove abbiamo avvistato della legna.
È quasi buio, anche pagaiare diventa difficile con interi rami che si conficcano nel culo.
Ce la facciamo e portiamo alla base quel che ci servirà per tenere accesso un fuoco per ore.
Dopo un pasto caldo a base di riso, ci addormentiamo nel bosco, coperti da umidità e paura della notte.











18 AGOSTO

Ci svegliamo bagnati e inondati, anche se Luca riesce a ravvivare il fuoco.
Oggi dobbiamo assolutamente raggiungere il campeggio sull'isola, e avendo visto che non è molto lontano, pensiamo di farcela in meno di due ore.



Le previsioni sul tempo si rivelano veritiere e il campeggio sembra essere piuttosto munito e vasto.
Ax e Vero scendono per primi e vanno a dare un'occhiata, riportando buone notizie riguardo il progresso umano di questo campeggio, in confronto a quello che abbiamo visto fino ad ora.
100 zloti in totale, per passare la notte nel comodo e conveniente campeggio Inter Nos, nei pressi di Lubieszewo.

Sbarchiamo esausti e ancora terrificati dalla vicinanza della morte di ieri.
Decidiamo di concederci un meritato riposo che durerà tutto il giorno, come se avessimo intrapreso grandi imprese belliche.

Al centro del campeggio vi è un bar a due piani, e pur sapendo di non avere molti soldi, saliamo per  consultare il menù e scoprire cosa costa di meno. Potremmo anche prendere un piatto in quattro, ma intanto che stiamo decidendo, ci siamo presi due birre a testa (avendone una scorta colossale proprio a qualche metro di distanza).
Il tempo scorre, la voglia di cucinare diminuisce e la fame bussa sulle pareti dei nostri stomaci.

Qualcosa intralcia la nostra falsa serenità. Un'idea, una proposta oppure una paura e di conseguenza l'arresa? Non sappiamo giustificare ancora la nostra decisione, ma in questo bar al centro di un'isola sperduta, abbiamo appena deciso di arrenderci. Abbandoneremo i kayak domani stesso, e cercheremo un rifugio a Danzica.
I motivi per cui ci hanno spinto a quest'estremo cambio di programma sono tanti anche se possiamo sintetizzarli in pochi punti: le previsioni instabili dei prossimi giorni, lo spavento dell'ultima tratta e la voglia sedentaria di non fare un cazzo, come siamo abituati.
 Luca tentenna, non vuole perdere questa scommessa con se stesso, ma è costretto a rivelare al proprio ego virile, la noia provata durante quelle ore a pagaiare verso il nulla.

E così, annunciamo la fine di questa vacanza e di quest'impresa nella Pomerania, decidendo di immigrare a Nord.
Forse la serenità dello scampato pericolo regnano i nostri sentimenti, anche se siamo consapevoli che ci saremmo persi la parte più bella e naturalistica del fiume Drawa: il campo militare, posto su un'area naturale protetta, ma altrettanto avventuristica.
Non sappiamo se essere soddisfatti o vergognarci della fatica fin'ora impegnata, nel dubbio iniziamo a bere mentre la scelta del piatto da ordinare tarda.

Proprio mentre riusciamo a raggiungere un accordo, lassù qualcuno sembra essere molto arrabbiato. Tra pochi minuti ci travolgerà quel che sembra essere un tornado, una minaccia naturale che potrebbe creare scompiglio e strage in questo campeggio. Non sembra fregarcene molto, rimaniamo seduti sui tavoli all'esterno a bere birre e fumare sigarette, mentre la gente attorno sparisce per cercare un riparo.
Se non fosse per l'intervento del cameriere, saremmo ancora seduti, ma questo ci esorta ad alzare le chiappe e rifugiarci in un posto sicuro.

Sempre col menù alla mano, entriamo nel ristorante, ma altre persone ci hanno preceduto e non troviamo posti liberi.
Nel frattempo là fuori scoppia la tempesta: gocce di pioggia abissali si imbattono violente sull'umanità, che nulla può di fronte a tale rabbia.
Il vento, ancor più violento, sfoga tutta la sua rabbia provocando paura e scompiglio.
Noi riusciamo a raccogliere quattro sedie che posizioniamo davanti al bancone: siamo pronti a dare libero sfogo al nostro appetito. Ma lo sfogo della Natura è più determinato ed autoritario, tanto da far saltare la corrente in tutto il campeggio, rendendo la situazione sempre più misera e poco confortevole.
Il ristorante è ora illuminato dalle torce dei telefoni e qualche candela, tutti sono agitati e i camerieri cercano di ripristinare al più presto  il caos.
Non il nostro però, siamo seduti sulle sedie mentre ipotizziamo sul modo più brutale per approfittare di tutto questo e rubare una birra. La nostra sottomissione agli eventi disastrosi e la nostra totale indifferenza è quasi incredibile, ormai siamo perseguitati dalla sfiga e non ci rimane altro che prenderla a braccetto ed essere consapevoli della nostra tragedia.

Il temporale dura dieci minuti, il tempo di attivare attacchi di panico tra la folla, distruggere la corrente del campeggio e.. Cazzo! Le tende??
Dobbiamo correre a visionare la situazione, altrimenti questa notte sarà difficile sopravvivere.
Mentre ci allontaniamo, il cameriere ci informa che il problema della corrente non sarà risolto prima di domani, e si scusa del disagio con un "I hope you're not so hungry", per la sua impossibilità di servirci il pasto tanto sofferto. Il cazzo invece.
Ax e Luca non riescono a contenere la bava dalla fame, io osservo Luca per scegliere quale parte del suo corpo grigliare, ma non ne trovo essendo pelle ed ossa, Vero si innervosisce ulteriormente e lancia sguardi di odio anche ai bambini.
L'amara scoperta però, supera l'appetito e spiazza Luca: la nostra tenda è stata distrutta dal temporale.

Durante i tentativi di rianimarla, Ax e Vero notano che anche nella loro è entrata dell'acqua e li accompagno a stendere i materassini fradici, insieme al mio e quello del mio compagno.

Il cielo si fa sempre più buio, e un secondo temporale affligge i nostri animi, mentre ci ripariamo dalla pioggia sotto una tettoia bucata.
I panni si stanno bagnando di più mentre noi quattro ci facciamo forza e ci riuniamo in un metro quadrato, dove non ci sono buchi sul tetto, e ci costringiamo a non optare al suicidio..
La notte è ancora lunga, la pioggia lo è di più. Dobbiamo fare qualcosa, e l'unica scelta è correre verso la piazzola per cercare protezione nella tenda di Ax e Vero. E così facciamo, quattro avventurieri che puzzano di ascelle perfino sulle dita, cercano conforto nella fantastica tenda da tre posti della Bertoni, incastrati tra piedi e braccia altrui e bloccati tra zaini, cibo, vestiti e tanta altra roba.




19 AGOSTO

Sono le cinque del mattino e qualcosa mi impedisce di dormire. Forse l'imminente crampo alle gambe, forse aver dormito tra i piedi di Luca che sanno di salame marcio e tra il viso angelico di Ax che russa e respira come un mammut, o forse la scomodità di avere come cuscino un barattolo di vetro di sott'aceti.
Preferisco salutare il mondo che mi circonda con largo anticipo, e mentre esco, Luca ha freddo e si copre col proprio zaino.
Perlustro la zona, girovago per tutta l'isola alla ricerca dell'asciugamano di Ax, andato perduto a causa del vento.
Mi ricordo che non abbiamo capovolto i kayak ieri durante lo sbarco, dunque vado a dare un'occhiata.
Eh si, mi aspettavo proprio questo: i mezzi sono completamente pieni d'acqua.
Ormai non è più un problema, oggi chiameremo Tomash che verrà a recuperarli.
Riesco ad intravedere anche una cicogna, che se la dà a gambe durante i miei tentativi di avvicinarmi.





I miei compagni si risvegliano con parti del corpo che stanno ancora dormendo e altre quasi ferite dal comfort notturno.
Luca ed io decidiamo di chiedere se al bar fosse tornata la luca, approfittandone anche per recuperare la felpa di Ax, dimenticata la sera prima.
Un ragazzo ci blocca prima di poter raggiungere l'entrata: "The bar is closed!", ci informa.
"There's not current?", cerchiamo di sapere.
Il ragazzo esprime paura all'improvviso, qualcosa sembra turbarlo, sta per piangere. Non troviamo giustificazioni né risposte, perciò chiediamo se possiamo entrare a recuperare la felpa.
Il giovane intensifica la propria espressione di imbarazzo e terrore, esprimendola con una frase spiazzante: "I don't speak english".
Ora è chiara la sua fobia, ipotizziamo che lo stiano pagando per informare la clientela che the bar is closed, ma se qualcuno si approccia ulteriormente al ragazzo, questo va in defibrillazione cardiaca.

La stessa ansia si presenta a noi quando tentiamo di chiamare Tomash, l'addetto al trasporto kayak.
Abbiamo una domanda da proporgli: visto che siamo sperduti nelle campagne polacche e nel raggio di 10km non c'è la presenza di mezzi pubblici, può questo gentile individuo condurci dove la civiltà ha deciso di agire?

Questo il dilemma viene stroncato sul nascere da Tomash, che, nonostante si trovi a più di 200 km di distanza, garantisce il suo arrivo tra un paio d'ore, rassicurandoci che ci avrebbe accompagnati a Zlocinek (ricordate? Dove alloggia Kurva).

Luca ed io, volontari coraggiosi, ci proponiamo per portare i kayak sulla riva opposta, ed essendo gli unici candidati, lasciamo che Vero ed Ax portino il carico di zaini e spesa varia.

Ci avviciniamo ai mezzi, tra un quarto d'ora dovrebbe arrivare Tomash, dobbiamo sbrigarci quindi a svuotare i kayak pieni d'acqua di tempesta e prepararci per l'ultima vogata, annunciata come una gara molesta tra me ed il mio uomo.
Proprio mentre cerchiamo un modo comodo fisicamente, iniziamo a litigare sul da farsi, e in quel momento ecco che spunta dal nulla Tomash! Eccolo, avrà preso una quindicina di chili di serietà da sei giorni fa, non accenna nemmeno lontanamente ad uno sguardo di compassione per quello che stiamo cercando di fare o a un misero sorriso di saluto. Niente, intorno a lui venti nordici e mosche insistenti. Ma quest'uomo, polacco di origini e personalità, non le sente: punta solo a terminare quella giornata di lavoro e tornare a casa a sgozzare polli.

Rimaniamo sorpresi nel vederlo, all'inizio non lo riconosciamo, ma appena ci ricordiamo il suo viso, la decenza ci salva all'ultimo secondo: siamo, infatti, abituati a visi sconosciuti che lui ci è sembrato talmente famigliare da essere un nostro genitore, e quasi stavamo per abbracciarlo.
Immaginate se l'avessimo realmente fatto, ci avrebbe sicuramente falciato il cranio con lo sguardo.
Comunque.
Annunciamo all'uomo delle nevi che avremmo riportato i kayak al di là dell'isola. Egli annuisce con la testa e raggiunge la meta.

Luca ed io, saliti sui mezzi, diamo inizio alla gara, le regole di Luca sono inesistenti, per lui vale tutto.
Vinco in modo vergognoso (per il mio compagno) la competizione, lasciandolo domandarsi ancora la direzione da prendere.
Giunti a riva, solleviamo i kayak, con l'aiuto di Ax, che sperava non ci sarebbero più stati lavori maschili di sollevamento peso, e li carichiamo sul rimorchio apposito.

Saliamo sul furgone di Tomash, e con la paura che ci venda come schiave del sesso a clan russi, ripercorriamo via terra il sudato percorso fluviale.
I paesi fanno schifo, Cascina San Pietro a confronto è una metropoli. Piccoli, poveri e disabitati. Ma la Natura è la regina di questo regno selvaggio ed incontaminato.



Tomash ci accompagna alla stazione ci Zlocieniec, ci fa scendere come dei sacchi della merda, e ci saluta con un mezzo sorriso. La gioia di non rivederci più fa sorridere anche il più freddo dei polacchi.
Ora, però, non sappiamo se gioire o prepararci alla morte da mezzi pubblici sovietici.

Siamo nella madrepatria di Kurva, siamo soli, senza una destinazione, senza soldi, affamati, senza speranza e puzziamo di cane sudato.
Non possiamo che bere birre in stazione e sperare che dal cielo scenda un santo che ci indirizzi a miglior vita.
Altro che santi, fuori dalla stazione c'è una volante piazzata dietro di noi, chissà da quanto è lì. Buttiamo le birre piene con nonchalance, quella tipica di Luca, e facciamo finta di niente.
O la scenetta da teatro ha funzionato, o il poliziotto ha avuto un improvviso attacco di diarrea e ha deciso di andarsene, fatto sta Luca ed Ax riprendono la birra dal cestino, e assaporano libertà mista a birra scrausa.

Leggendo i tabelloni, capiamo che abbiamo ancora tre ore di lunga attesa, dove anche la fantasia del passatempo divertente ci ha abbandonati.





Passano così tre ore senza fare un cazzo.
Proprio mentre manca qualche minuto all'arrivo del treno, chiediamo ad una ragazza se si potesse fare il biglietto direttamente su, ma anche lei "only polski".
Va beh. Saliamo. Peggio di così non potrà mai andare.

Abbiamo solo un cambio, dopodiché potremo conquistare la grande Danzica, una delle città più importanti della Polonia.




Durante l'attesa del secondo treno, pensiamo a dove potremmo dormire questa notte. Il denaro in comune scarseggia, non possiamo permetterci di spendere più di dieci euro a testa a notte (40zloti a testa).
Le ricerche su Internet portano ad un ostello in centro, sembra essere il più economico.
Ax compone il numero e chiama. "No problem, you can come when you want. We have a lot of free places", queste le parole di chi cercava una comunicazione con Ax al di là della cornetta.
Ottimo, allora siamo a posto, ci sentiamo sicuro, possiamo anche concederci lo sfaso per questa notizia esaltante.

Il treno giunge puntuale, e dopo ore infinite, ci dà il benvenuto la nordica Gdansk.
Caos, gente che corre, treni, negozi, fast food. Proprio la classica metropoli incalzante, piena di odori e sapori, di persone, cibo e luci.
Una delle cose strane è che qui non sembrano esserci molti stranieri, in effetti non ce ne sono. La Polonia ha chiuso le frontiere, dunque Salvini se segui Volodia, ti consigliamo una gita in kayak e l'acquisto di un bivacco sul Drawa, come alloggio di lunga durata dove coltivare la tua ignoranza.
Non disperdiamoci.
Dicevo, appena arrivati in stazione, oltre a cercare di non guardare nemmeno per sbaglio il maledetto kebab che ci ha sconvolto i piani, ci accendiamo una sigaretta.
Veniamo avvicinati da due poliziotti, che ci invitano a attraversare la strisce pedonali perché in quella precisa zona è vietato fumare.
Ubbidiamo e cerchiamo di non far arrivare il fumo dall'altra parte della strada, per evitare arresti od omicidi alla Carlo Giuliani.

Facciamo schifo, tutti quelli che ci osservano lo fanno con disgusto, perfino un barbone all'angolo stava per donarci qualche centesimo.
Imperterriti e non curanti del cattivo odore che ormai sta per prendere forma, tagliamo il centro di Danzica, lasciandoci alle spalle stragi di innocenti che hanno solo avuto la sfortuna di respirare.
Dopo una mezz'ora circa di cammino, raggiungiamo l'ostello, ci infiliamo all'interno come fossimo ladruncoli, e ci svacchiamo suo divani come fosse casa nostra.
Sicuramente il signore della reception ha colto al volo la nostra stanchezza e la pena che infondiamo, tanto che ci concede perfino di scoreggiare e liberarci di Satana che alloggia nei nostri intestini.
Ma di parlare una lingua diversa dal polacco, quello no, non gli è possibile.
Nemmeno la LIS sembra funzionare, ce la caviamo con versi e smorfie animalesche.
Dopo quasi un'ora di attesa e di frasi a caso tra l'ostrogota polacco ed Ax, capiamo che non ci sono stanze né letti liberi, ma la condizione che presentiamo ha colpito nel cuore il polacco della reception, che ha deciso di cancellare una prenotazione dubbia e concederci il lusso di una camera da quattro.
La gioia è tanta, ma lo stress e la delusione di come sta andando la vacanza, contrarie ad ogni previsione, che lo stress alberga nei nostri animi.

Dopo aver catapultato gli zaini sparsi per la camera, usciamo a mangiare un kebab, nonostante la consapevolezza di avere pochi soldi. Scegliamo il kebab king, probabilmente una catena del posto.
La scelta non poteva essere delle migliori, ci lascia spiazziati, sazi e completamente soddisfatti, che possiamo riposare dopo giorni di fatiche e sacrifici.

20 AGOSTO

Forse uno dei risvegli peggiori che il nostro piccolo gruppo di viaggiatori in Polonia, potesse mai provocare.
Vari motivi infantili dettati dalla condizione psicologica e dalla pressione da noi stessi manipolata, hanno fatto emergere quel che speravamo non accadesse: un litigio tra noi.
So che volete i dettagli perché votate no al colesterolo ma sì al pettegolezzo, ma i principi della diatriba sono talmente futili che non vale la pena ricordarli, così come quella giornata passata in solitudine in mezzo a migliaia di persone e al mercato più grande che io abbia mai visitato. Un misto di oggetti d'antiquariato, armi della seconda e prima guerra mondiale, cibo a volontà e tante altre cose.
Vero ed Ax hanno trascorso la loro giornata in giro per i prati di Danzica a conoscere drogati e capi mafiosi ucraini, Luca inchiodato a letto con chissà quale malattia mortale, mentre io ho girovagato per la metropoli in cerca di stranezze da raccontare a Luca, il quale, al mio ritorno mi ha chiesto di comporre il numero di sua mamma per dirle addio per sempre. Si è ripreso dopo un thè caldo.

La giornata è trascorsa così, con astio e divisione, con silenzi e avversità. Una giornata brutta, da dimenticare e da non ripetere.


























21 AGOSTO

Per fortuna oggi il risveglio ha un altro sapore, dopo che la pace e la calma hanno sovrastato sulla negatività.
Torniamo amici come prima, senza abbracci né baci perché il contatto umano e fisico potrebbe essere vietato tra le strade della Polonia. E poi perché Ax puzza di vomito di mafioso ucraino.

Ora che tutto è tornato anti bellico, il problema è che cazzo fare.
Il tempo sembra non favorire una scappata al mare, dove vorrebbero andare Ax e Vero.
Propongo ai miei ritrovati amici, un posto dove sarei andata anche da sola in caso la avversità non avessero raggiunto la tregua. Zaspa, un quartiere di Danzica con palazzoni grandi e con graffiti enormi sui lati.
Prima però, il dubbio che accomuna noi tutti è la spesa: dove l'avremmo fatta?
Notiamo da Maps che vi è un Lidl a Zaspa, dunque quale miglior scelta se non correre in stazione, salire sul treno senza biglietto e raggiungere il ghetto?



Così facciamo, e con ulteriore sorpresa, ci troviamo di fronte al Lidl e subito dietro i palazzoni.

Esploriamo subito il quartiere, assaporando con gli occhi tutta la sua unicità, di cui vi lasciamo le foto qui sotto.

Dopo un'attenta analisi di Ax che ci fa da guida leggendo informazioni su Wikipedia a proposito dei graffiti, ci rompiamo il cazzo e decidiamo di tornare.
Questi palazzi però, formano dei labirinti ed uscirne non è così semplice.
Forse è difficile. Anzi no, è impossibile.
Partono come sempre scommesse delle quali nessuno ha la meglio, ci affidiamo allora a Maps per riuscire ad uscire da tre palazzi.




















Raggiunto il Lidl ci carichiamo di roba come muli di montagna, sperando di arrivare in cassa coi soldi giusti.
L'ennesima pausa sigaretta precede il nostro rientro a Danzica, dove decidiamo di mangiare un kebab, nonostante fossimo pieni di cibo e non avessimo quasi più una lira.

Il kebabbaro che avevamo intravisto la prima sera, vicino all'ostello, dove i panini costano 7 zloti (meno di due euro), è però chiuso. Probabilmente per sempre, dato che all'interno vi è il nulla. Retro front, dunque, al kebab d'emergenza da 10 zloti, poco più in là della stazione. Lo sbattimento di portare la spesa alla base vince su tutto, infatti ci portiamo dietro i sacchetti stra colmi.
Il kebab è vergognosamente gestito da un'allegra anziana polacca, in perenne stato di ebbrezza.
Ci prepara quattro panini, dei quali ne diamo metà ai piccioni che ci girano intorno. Anche loro lo rifiutano schifati e iniziano a scavare tra la spesa.
Il viso di Vero assume un colorito poco romantico, mentre la sua fame addenta disperata ogni morso. Luca dà il via al concerto intestinale, dove sfoggia il suo cavallo di battaglia: mi sussurra, infatti, il dubbio su quella che appena rilasciato, non sa se si tratta di gas o di feci.
Ax sembra anche lui in crisi, finisce il suo panino kebab con fatica, preferendo mille volte calpestare le ortiche a piedi nudi.
La mia pancia scalcia, come fossi incinta, per qualche secondo ho dei dubbi, ma una fitta e un principio generale di vomito ci costringono a lanciare una maledizione a quella vecchia kebabbara di merda e alla volontà di denunciarla.

Inutile dire che quasi non ci prendiamo a pugni per la precedenza nei bagni dell'ostello.

Sistemata la spesa, vedo arrivare lei, Elena.
L'ho chiamata io Elena per il suo viso e modo di atteggiarsi, da troia. Questa signora, infatti, alloggia nel nostro stesso ostello insieme a due pesti che ha partorito, e ieri ha usufruito del nostro latte, davanti a noi. Senza chiedere.
Abbiamo supposto che abbia rubato anche i panini che abbiamo riposto nel frigo la sera prima.
Ho scelto un approccio stronzo verso questa zitella: la osservo come se volessi ucciderla e l'aspetto in cucina per vedere cosa ha comprato. Poi me lo mangio ovviamente.
E così il suo cacao sta per volgere al termine, così come il latte che ha appena portato.
La guardo minacciosa prima di andarmene, prestando attenzione a lasciarmi una striscia di cioccolata sulla guancia.


Stasera decidiamo di uscire per riscoprire la movida di questa città.
Il freddo pungente ed autunnale ci costringe a bere per scaldarci, anche se le birre che abbiamo comprato al Lidl questo pomeriggio sono le peggiori sul mercato.

In giro non c'è molto, solo vecchi ubriachi che comunicano qualcosa mentre si allontanano, stile New York.
Ci rifugiamo sulle scalinate di un palazzo, in cerca della sbronza che non avverrà mai.

22 AGOSTO

Stamattina il tempo non promette niente di buono, anche le previsioni del polacco ubriaco sembrano confermare l'imminente disastro meteorologico in arrivo. Anche oggi, perciò, il mare dovrà attendere.
Una camminata attorno al centro storico potrebbe essere una soluzione come passatempo ad un'altra noiosa giornata incerta.

Mentre ci troviamo sulla passerella che costeggia il canale del vecchio porto, la nave pirata attira la nostra attenzione.
Una gigantesca e colossale stronzata pensata per i turisti, ha fatto sì che l'imbarcazione deludesse le nostre aspettative, soprattutto sapendo che costa dieci euro a persona.




Qualcosa di più interessante, però, coglie ogni sguardo presente.
Quattro forsennati su una zattera fanno esplodere bombe carta da un cannone. Sembrano vestiti in modo tradizionale, è possibile che ci troviamo nel mezzo di una festa folkloristica.
Cerchiamo informazioni su Internet, ma rinunciamo non appena vediamo altri sconvolti che seguono la zattera, con una barca di legno fai da te. Pare che abbiamo vissuto per qualche tempo sulla navigazione, lo confermano i vestiti e il cibo.
Dopo poco, questa manifestazione diventa noiosa e lasciamo ai tedeschi e ai cinese spazio per fotografare.
Esploriamo ulteriormente la città, trovandoci a mangiare un gelato tipico dall'aspetto succulento ma dal sapore ferroso. In men che non si dica il cielo sembra dividersi e l'apocalisse ha inizio con un temporale intenso e inesistente.
Riusciamo a ripararci, ma decidiamo di affrontare il pericolo e bagnarci un po': chissà, forse non avremmo più puzzato?











Il temporale termina subito dopo aver preso l'acqua, e lascia spazio ai tuoni provocati dai nostri stomaci affamati.

Stasera proveremo a cucinare del riso senza fornello, visto che il genio proprietario dell'ostello, non ha voluto inserirlo.
Useremo il microonde e della minestra di funghi in polvere.

Ingredienti: riso, acqua, zuppa in polvere
Tempo: a caso, finché non assorbe
Costo: qualche zloto

Come prima cosa lavarsi le mani se avete appena coccolato il vostro ragazzo e solo se il vostro ragazzo è come Luca.
Secondo, mettere del riso a caso e dell'acqua a caso in un piatto a caso, con del sale a caso e della zuppa in polvere a caso.
Terzo, accendere il microonde nella temperatura massimo (così è pronto prima) e impostare un tempo illimitato, ovviamente inserire il piatto.
Quarto, verificare ogni tanto, assaggiare con fegato (vostro), e lasciar pulire il microonde a qualcun'altro.
Ultimo, servire stile mensa dei poveri e assaporare possibilmente con del grana (che a noi mancava).
Cotto e mangiato.

Quattro semplici mosse, inventate al momento, che hanno reso questo risotto una prelibatezza, da far invidia a Carlo Cracco.



Ad ogni boccone di risotto, le nostri menti sprizzano intelligenza, tanto che qualcuno ha appena avuto un'idea geniale, la quale tutti abbiamo abbracciato: se rimaniamo in ostello fino alla fine della vacanza, i soldi non ci basteranno; perché non cercare un campeggio e traslocare alla ricerca di risparmio?
Così decidiamo di fare, posticipiamo a domani la preparazione degli zaini e ci concentriamo alla ricerca di un camping.
Nel frattempo vado a comprare altra birra e scopro quel che ci salverà dalla strada: in ogni negozio in Polonia, se riporti la bottiglia di birra di vetro ti danno 50 centesimi di zloti.
Alla notizia i miei compagni sono estasiati, e mi annunciano a loro volta il nome del campeggio stabilito: park 45 a Sopot.
Bisogna festeggiare!


Riempiamo lo zaino di birre per consolidare una sera di divertimento e amicizie ritrovate.
La carica e l'adrenalina fanno sì che esauriamo le nostre energie appena usciti dell'ostello, perciò inchiodiamo i nostri culi sulle scalinate della struttura, non curanti di essere un ostacolo al passaggio.
In totale segretezza, come se ci stessimo facendo in vena, sorseggiamo la birra-lattina del Lidl, nascondendola là dove non batte il sole, e guardando minacciosi negli occhi ogni passante, col timore di trovarsi sbirri in borghese.
Pochi secondi dopo, vediamo arrivare e travolgere la quiete pubblica una mandria di vecchie tedesche ubriache, in bici. Le nonnine sembrano in hang over dal lontano 1765, hanno bevuto l'intero sangue di cristo e ora smartellano coi pedali provocando turbini e disordine generale.
Alcune urlano, altre vomitano, certe troieggiano. La scia passa felice, lasciandosi dietro parti di dentiere ed arti artificiali.
Ci sentiamo divertiti dalla stranezza di quella situazione, tanto che chiedo ai miei amici dove fosse il capobranco del gregge di nonne tedesche.
Non fanno in tempo a ricevere le onde sonore della mia voce, che una frazione di secondo più tardi un altro vecchietto in bici, gira l'angolo dell'ostello in direzione opposta alla deutsche, ma sbaglia completamente a calcolare le distanze che, con la stessa velocità d'arrivo, inciampa e cade a pochi centimetri da Luca, il quale se ne sbatte le palle. Scoppiamo a ridere, nonostante l'anziano avesse bisogno di aiuto per ritrovare le sue due rotule perdute. Subito si rialza, e, più furbo che mai, finge che non sia accaduto nulla. La puzza di alcool ci solidifica i polmoni e, come diversivo, l'ubriacone ci chiede soldi.
Il suo alto stato di ebbrezza gli permette perfino di parlare in inglese: "money for beer". Se gli dessimo soldi per la birra, questo schizzato morirebbe travolto dalla sua bicicletta, quindi risparmiamo la sua vita e i nostri portafogli.
L'uomo diventa un'aquila appena capisce che nascondiamo qualcosa: nota le birre, e subito ce ne chiede quattro o cinque.
Dopo quasi venti minuti passati a salvarlo dalla morte, ci sbarazziamo di questo strambo individuo e de cloruro di vodka che gli scorre nelle vene.

Riportiamo le birre finite e conquistiamo centesimi preziosi per rifornirci di altre.

Decidiamo di trascorrere questa serata a base di alcool nelle sperdute vie del borgo danzicano (o danzicane).
Non riuscendo a trovare posti sperduti e lontano da occhi indiscreti, troviamo molto comodo un marciapiede proprio nel bel mezzo della strada, sotto un lampione.
Mentre facciamo il possibile per raggiungere un livello alcolico degno di essere nominato tale, IMPROVVISAMENTE SUCCEDE QUESTO.
Ci troviamo proprio davanti, la volante della polizia. Il sangue scorre lento e il nostro cuore sottolinea ogni battito, affinché il terrore blocchi ogni nostro  movimento e respiro.
Dal finestrino spunta una poliziotta dal mento prosperoso, ma di notevole è la sua fattanza: potrebbe essere una seguace di Bob Marley. Ci comunica in modo sballato confutazioni mistiche dovute alla troppa droga: " NO DRINK IN PUBLIC IN POLAND", ed ecco che misteriosamente si accascia alla portiera, superando ogni decenza. Se la sua droga preferita è l'MD, quella del collega accanto a lei è sicuramente la BAMBA, questo soggetto, infatti, si destreggia orgoglioso e nel modo più razzista possibile, afferma: "HERE NO ENGLISH, ONLY POLSKI". La soggezione e il terrore che ci infonde questo Hitler polacco, ci fa scappare a gambe levate, non prima di aver recitato la parte dei finti ignari e turisti confusi.
Mentre cerchiamo riparo dai cannoni visivi che ci lanciano i due sballati, quest'ultimi placcano uno pseudo gabber intento nella marcia del sabato sera.
Il tizio pare l'organizzatore di piramidi del Florida, i suoi movimenti vanno a ritmo di frechcore e, non appena viene placcato dagli sbirri, si leva la felpa dell'Adidas, scuote il cappello, si toglie pantaloni e calzini, si svuota le tasche e shakera il cappello da pusher anni novanta, ostentando la propria innocenza.
I tre si capiscono al volo, probabilmente i poliziotti cercavano della droga per uso personale ed imminente, fatto sta che la situazione torna alla normalità, mentre tunz tunz prosegue col suo passo felino.

Cerchiamo posti per ubriacarci in santa pace, e troviamo un bar chiuso coi tavoli fuori, che consolidiamo come nostra proprietà.
Uniche conquiline, due polacche ultra sessantenni, con le tette flosce fino alle caviglie, che si godono la pensione bevendo birra da discount e fumando sigarette a gogo. In loro proiettiamo il nostro futuro, quando sicuramente anche noi saremo così.
Raggiungiamo un livello di allegria non indifferente, sempre nel rispetto altrui, tranne che per il sottofondo che accompagna questa tarda serata. Due pischelli in lotta con l'acne, decidono di suonare della musica in piazza. Tentano di fare della musica rock, ma dopo mezz'ora di asciugamento di palle (anche le minne delle signore si sono svuotate ulteriormente), Hendrix in persona si materializza e spacca le chitarre in faccia ai due adolescenti, trasferendoli direttamente a fanculo.

La serata termina così, immersi nelle più grandi stronzate che potessimo mai concepire, avvolti da un'atmosfera nordica, dove ogni tanto il gabber passa e ripassa.


23 AGOSTO

Oggi sposiamo la saggia decisione di trasferirci a Sopot, nel campeggio Park45, per il semplice fatto che avremmo risparmiato i soldi giusti per poter mangiare.
Prima però, cambiamo i duecento euro collettivi che avremmo usato solo in caso di emergenza.
Scopriamo che il vero cambio euro-zloti è 1-4.20 e che, dunque, in aeroporto non solo ci hanno inculati alla grande, ma probabilmente hanno usato i soldi che ci hanno rubato per comprarsi delle birre. E non poche, siccome abbiamo perso più di 200 euro.
Maledetti bastardi, un giorno verranno seppelliti in semplici pozzanghere comuni, dove alloggiano scarabei e cimici.
Comunque.
Dato che Sopot è vicina a Danzica, non ci sembra il caso di comprare i biglietti, anche perché dopo l'amara notizia non ancor digerita, vogliamo combattere lo stato polacco.

Giungiamo a Sopot, e dopo un'ora di cammino sotto il sole cocente e bagagli sulle spalle, intravediamo subito il camping.
Sembra discreto, nulla di particolare. I servizi non sembrano così rigorosi, nemmeno la stabilità di un possibile temporale. Ma noi ci adattiamo a qualsiasi condizione.
I gestori di park45 però, sono tutto fuorché modesti: dei fighetti da schiaffi che ci consegnano biglietti da appendere a qualsiasi cosa e un braccialetto fosforescente identificato per ognuno di noi. Per non parlare dell'orologio per aprire i bagni e per accedere alla spiaggia.
Tutto ciò ci lascia a bocca aperta, ma risolviamo lo stupore con quello del mar Baltico.
La spiaggia quasi deserta è immensa, l'acqua oltre a sembrare gelida, riflette un colore blu acceso, mentre la sabbia è molto fine.
Sul mare intravediamo la nave pirata, dietro alle decine e decine di barche a vela e catamarani in acqua.
Le nuvole sono pazzesche: non mancano mai e sono di infiniti colori, forme e dimensioni.












Luca ed io andiamo a prendere qualche provvista nel negozio più vicino, dove facciamo semi amicizia con il cassiere. Il ragazzo si stupisce che parliamo inglese, perché a detta sua, tutti gli italiani che ha incontrato hanno risposto con un "ONLY ITALIAN".
Anche noi rispondiamo che non siamo i soli ignoranti, data la scarsa manipolazione linguistica dei polacchi. Riceviamo un invito ad andare a cagare e incredulità da parte del cassiere, convinto che sua etnia fosse la più acculturata dell'Europa.

Torniamo in spiaggia, dove trasformiamo il mar Baltico in Bar Maltico, con la quantità di birre recuperate.
Dopo un'infinita partita a biglie con ostacoli partoriti da menti assassine e tendenti alla tortura, concludiamo la giornata accendendo il fuoco su una griglia, per cuocere della pasta.




24 AGOSTO

Mi scuso coi lettori, ma mi rifiuto di descrivere questa giornata.
Abbiamo deciso di visitare il centro di Sopot, dove le aspettative erano elevate al milione, guardando le foto su Internet.
Invece fa cagare. Quindi mi rifiuto. Non vi lascio nemmeno le foto affinché non possiate giudicare voi stessi e per non farvi venire la claustrofobia, data la quantità di persone e la disposizione delle strutture.








25 AGOSTO

Si prospetta una giornata noiosa e inutile. Stamattina Vero ed Ax hanno speso 15 euro per la carne che andremo a grigliare fra poco. Probabilmente ci scoppierà perfino l'ombelico data la quantità.
Luca ed io abbiamo fatto il bagno nel gelido mar Baltico, dove la pelle d'oca ha soggiornato per tre quarti d'ora.

Abbiamo iniziato a grigliare a mezzogiorno e allo scadere delle dieci non abbiamo ancora finito.
I miei amici vogliono cucinare anche del riso, ma il mio stomaco chiede pietà. Domani partiremo molto presto, dunque è bene che vada a dormire subito.




26 AGOSTO

Sveglia alle sei. Il rincoglimento generale post sonno da cibo pesante si fa sentire e si fa notare nei bellissimi visi mattutini di Luca ed Ax.
Sputiamo sul suolo di Sopot, dicendole addio a modo nostro. Non arrivederci, addio.

Giunti a Danzica riusciamo a prendere il pullman diretto in aeroporto col biglietto del tram. Dio solo sa perché e come.
Arrivati a destinazione, aspettiamo tre ore dove ci concediamo il lusso di litigare con delle vecchie polacche stordite che strillano la loro precedenza nella fila. Noi ci siamo messi lì a caso, e il gate avrebbe aperto tra due ore.

L'esistenza di una sala fumatori è la nostra salvezza una volta superati i controlli, infatti saliamo sull'aereo rilassati.
Ancora una volta Ryanair non può che concederci posti stronzi, infatti io sono a 15 file dietro i miei compagni di viaggio.
Chiedo gentilmente al ragazzo accanto a Luca di scambiarci, e, non appena gli rivelo il mio sedile, quasi mi abbraccia: avrei dovuto sedermi, infatti, vicino alla sua ragazza.
Anche Ax e Vero riescono ad essere accanto, proprio davanti a noi.
Lo stupore di avercela fatta ci rende increduli, così come lo è la ragazza accanto a noi. Non ha mai sentito una tale miscela di cattivi odori provenienti da essere umani realmente esistenti, tanto che fa spostare quasi tutti i passeggeri affinché trovi un posto lontano dalla nostra aroma.



Torniamo a casa sani e salvi, sapendo che stasera passeremo un'altra serata a Fara, al solito bar, con la solita gente, a decidere la prossima vacanza tra un chupito e l'altro, così come abbiamo fatto con questa.

Questo viaggio ci ha fatti crescere, abbiamo conosciuto meglio i nostri compagni d'avventura e soprattutto noi stessi. Abbiamo imparato i nostri limiti, capito come migliorare e cosa cambiare. Abbiamo litigato, riso, scherzato, bevuto, ci siamo innervositi così come abbiamo gioito. Tutto insieme.
E abbiamo imparato che non esistono confini che non possiamo superare o temere, i confini sono solo nella nostra testa e dobbiamo abbatterli.
Viaggiate. Viaggiate e fatelo in compagnia. Perché il mondo cambia ogni cento metri e ovunque lasciamo un pezzo di noi, ricevendo in cambio la ricchezza più preziosa che ci sia.

Tranne i deutsche, loro conquisteranno la galassia.